Anche chi è detenuto in regime di carcere duro può accedere al programma di procreazione assistita. E' quanto ha stabilito la Corte di Cassazione accogliendo il ricorso di un detenuto in regime di 41 bis che si era visto negare dal Dipartimento di amministrazione penitenziaria la sua richiesta motivata da problemi di procreazione. Per la Corte Suprema (sentenza 7791/2008) "il trattamento penitenziario deve essere conforme ad umanita' e deve assicurare il rispetto della dignita' della persona" specialmente se si considera che 'risulta medicalmente accertata la patologia giustificativa del trattamento invocato della quale risulta affetta la moglie' del recluso. In precedenza il giudice di sorveglianza aveva detto no al programma di procreazione assistita sulla base del no del Dap secondo il quale la legge 40/04 che garantire la tutela del nascituro non sarebbe stata realizzabile in una condizione di detenzione di un genitore. Nel ricorrere in Cassazione il detenuto ha sostenuto che l'inserimento del programma di procreazione assistita non avrebbe implicato alcuna uscita dal carcere. I Giudici della Corte hanno accolto il ricorso sottolineando che 'il principio da applicare in simile fattispecie non puo' che essere quello di contemperare interesse personale e detenzione (lo scopo della detenzione) e il giudizio relativo non puo' che ispirarsi al criterio della proporzione tra le esigenze di sicurezza sociale e penitenziaria ed interesse della singola persona'. Per questo, come spiega il relatore Francesco Bonito, 'il sacrificio imposto al singolo non deve eccedere quello minimo necessario, e non deve ledere posizioni non sacrificabili in assoluto'. Nella motivazione della Sentenza la Corte sottolinea che 'non possono essere adottate restrizioni non giustificabili con le esigenze predette di rispetto della dignita' e dell'umanita' della persona o, nei confronti degli imputati, non indispensabili a fini giudiziari'.
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