La sanzione amministrativa va comminata al solo responsabile della violazione; anche in materia di abusi edilizi, con esclusione dell'automatico coinvolgimento del proprietario, ove questi non abbia in alcun modo concorso nella realizzazione. E' quanto stabilisce una sentenza resa dal T.A.R. dell'Emilia Romagna (Sez. II, n. 2205 del 26/09/2007).
Tale sentenza ha posto un'importante precisazione in ordine alla problematica della responsabilità in tema di sanzioni amministrative, e, particolarmente, di quelle previste in materia di abusi edilizi (nel caso di specie, mutamento di destinazione d'uso di un capannone). Come noto, il disposto dell'art. 29 D.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), prevede che di eventuali abusi e/o illeciti rispondano, oltre il titolare del permesso di costruire (ove necessario), sempre, e comunque, sia il committente che il costruttore. Nella maggiore parte dei casi, il proprietario del bene oggetto d'intervento edilizio coincide o con il titolare del permesso di costruire (o, nel caso di opere soggette a D.I.A., con il soggetto richiedente) o con il committente delle opere; in tali ipotesi - quindi - non sussistono problemi applicativi del disposto normativo, e, accertato l'abuso, la sanzione amministrativa sarà legittimamente irrogata nei confronti dello stesso. Quid iuris, però, nelle ipotesi in cui non sussista tale "concidenza", perché l'immobile oggetto dell'intervento abusivo è detenuto da soggetto terzo, anche in maniera titolata, ad esempio, in forza di regolare contratto di locazione? Il locatore, per il solo fatto di rivestire la qualifica di proprietario, risponderà comunque dell'illecito e, quindi, sarà destinatario della sanzione amministrativa? Oppure, considerando che l'art. 29 T.U. non fa alcun riferimento alla nozione di "proprietario" del bene, occorre che venga valutata l'effettiva partecipazione dello stesso all'abuso? Il T.A.R. Emilia-Romagna (Sez. II), con la sentenza n. 2205 del 26/09/2007, ha affermato la bontà del secondo dei due assunti posti sopra, chiarendo che, ai fini di configurare la responsabilità del mero proprietario (locatore) in ordine ad una sanzione amministrativa, occorre che "emerga un suo coinvolgimento doloso o colposo nella realizzazione dell'abuso edilizio stesso". Così, "ove l'abuso consista nel mutamento di destinazione d'uso di un immobile, senza opere - come nel caso affrontato dal Tribunale - la responsabilità va riferita al conduttore, che è l'unico soggetto che ha la materiale detenzione del bene salvo che non emerga un coinvolgimento del proprietario che ha consentito il mutamento d'uso vietato". Nel motivare la decisione, il T.A.R. de quo ha fatto espresso richiamo al consolidato orientamento formatosi sulle problematica della legittimità del provvedimento di acquisizione gratuita del bene e dell'area di sedime al patrimonio del Comune, connesso all'ordinanza di demolizione o di ripristino. In base ad esso - infatti - si esclude la possibilità di procedere all'acquisizione gratuita dell'immobile da parte della P.A. "qualora il proprietario sia estraneo all'abuso, in quanto il destinatario delle sanzioni edilizie deve essere il responsabile dell'abuso stesso" (Corte Cost., 15/07/91,l n. 345, cit., ma, più di recente, anche T.A.R. Campania, Napoli, 09/01/06, n. 117). In estrema sintesi, con la prefata decisione viene statuito, con estrema chiarezza, che la sanzione amministrativa in materia di abusi edilizi deve ritenersi illegittima ogni qual volta sia destinata al proprietario solo in quanto tale, senza che sia stata espletato alcun accertamento se questi sia o meno l'autore materiale dell'illecito, ovvero se possa, comunque, avere concorso ad esso, sia colposamente che dolosamente. In tale ottica, il T.A.R. mette in rilievo anche l'importanza dell'attività svolta dal proprietario nei confronti del conduttore del bene (soggetto realmente responsabile dell'illecito) per sollecitare quest'ultimo a provvedere alla rimozione dell'abuso ovvero al ripristino dello status quo ante (ad esempio: invio di diffide, segnalazione alla P.A., etc.). Anche qui, in linea con un alcune pronunce giurisprudenziali, sia di merito, ove viene sottolineato l'importanza che i proprietari del bene "risultino essersi attivati per la rimozione delle opere abusive" (ex multis, T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I-quater, 05/10/05, n. 7846), che di Cassazione, le quali ultime, per casi analoghi (anche se non perfettamente omogenei con quelli di specie) hanno messo in rilievo l'importanza della buona fede, quale esimente in ordine alla responsabilità per le fattispecie sanzionatorie previste dalla L. n. 689/81 (ex pluribus, Cass., sez. I, 6/12/96, n. 10893, ove "anche nell'illecito amministrativo previsto dalla L. n. 689 del 1981 é applicabile l'esimente della buona fede, che assume rilevanza allorquando risulti che l'agente ha fatto tutto quanto possibile per osservare la legge, onde nessun rimprovero può essergli mosso").
Tale sentenza ha posto un'importante precisazione in ordine alla problematica della responsabilità in tema di sanzioni amministrative, e, particolarmente, di quelle previste in materia di abusi edilizi (nel caso di specie, mutamento di destinazione d'uso di un capannone). Come noto, il disposto dell'art. 29 D.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), prevede che di eventuali abusi e/o illeciti rispondano, oltre il titolare del permesso di costruire (ove necessario), sempre, e comunque, sia il committente che il costruttore. Nella maggiore parte dei casi, il proprietario del bene oggetto d'intervento edilizio coincide o con il titolare del permesso di costruire (o, nel caso di opere soggette a D.I.A., con il soggetto richiedente) o con il committente delle opere; in tali ipotesi - quindi - non sussistono problemi applicativi del disposto normativo, e, accertato l'abuso, la sanzione amministrativa sarà legittimamente irrogata nei confronti dello stesso. Quid iuris, però, nelle ipotesi in cui non sussista tale "concidenza", perché l'immobile oggetto dell'intervento abusivo è detenuto da soggetto terzo, anche in maniera titolata, ad esempio, in forza di regolare contratto di locazione? Il locatore, per il solo fatto di rivestire la qualifica di proprietario, risponderà comunque dell'illecito e, quindi, sarà destinatario della sanzione amministrativa? Oppure, considerando che l'art. 29 T.U. non fa alcun riferimento alla nozione di "proprietario" del bene, occorre che venga valutata l'effettiva partecipazione dello stesso all'abuso? Il T.A.R. Emilia-Romagna (Sez. II), con la sentenza n. 2205 del 26/09/2007, ha affermato la bontà del secondo dei due assunti posti sopra, chiarendo che, ai fini di configurare la responsabilità del mero proprietario (locatore) in ordine ad una sanzione amministrativa, occorre che "emerga un suo coinvolgimento doloso o colposo nella realizzazione dell'abuso edilizio stesso". Così, "ove l'abuso consista nel mutamento di destinazione d'uso di un immobile, senza opere - come nel caso affrontato dal Tribunale - la responsabilità va riferita al conduttore, che è l'unico soggetto che ha la materiale detenzione del bene salvo che non emerga un coinvolgimento del proprietario che ha consentito il mutamento d'uso vietato". Nel motivare la decisione, il T.A.R. de quo ha fatto espresso richiamo al consolidato orientamento formatosi sulle problematica della legittimità del provvedimento di acquisizione gratuita del bene e dell'area di sedime al patrimonio del Comune, connesso all'ordinanza di demolizione o di ripristino. In base ad esso - infatti - si esclude la possibilità di procedere all'acquisizione gratuita dell'immobile da parte della P.A. "qualora il proprietario sia estraneo all'abuso, in quanto il destinatario delle sanzioni edilizie deve essere il responsabile dell'abuso stesso" (Corte Cost., 15/07/91,l n. 345, cit., ma, più di recente, anche T.A.R. Campania, Napoli, 09/01/06, n. 117). In estrema sintesi, con la prefata decisione viene statuito, con estrema chiarezza, che la sanzione amministrativa in materia di abusi edilizi deve ritenersi illegittima ogni qual volta sia destinata al proprietario solo in quanto tale, senza che sia stata espletato alcun accertamento se questi sia o meno l'autore materiale dell'illecito, ovvero se possa, comunque, avere concorso ad esso, sia colposamente che dolosamente. In tale ottica, il T.A.R. mette in rilievo anche l'importanza dell'attività svolta dal proprietario nei confronti del conduttore del bene (soggetto realmente responsabile dell'illecito) per sollecitare quest'ultimo a provvedere alla rimozione dell'abuso ovvero al ripristino dello status quo ante (ad esempio: invio di diffide, segnalazione alla P.A., etc.). Anche qui, in linea con un alcune pronunce giurisprudenziali, sia di merito, ove viene sottolineato l'importanza che i proprietari del bene "risultino essersi attivati per la rimozione delle opere abusive" (ex multis, T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I-quater, 05/10/05, n. 7846), che di Cassazione, le quali ultime, per casi analoghi (anche se non perfettamente omogenei con quelli di specie) hanno messo in rilievo l'importanza della buona fede, quale esimente in ordine alla responsabilità per le fattispecie sanzionatorie previste dalla L. n. 689/81 (ex pluribus, Cass., sez. I, 6/12/96, n. 10893, ove "anche nell'illecito amministrativo previsto dalla L. n. 689 del 1981 é applicabile l'esimente della buona fede, che assume rilevanza allorquando risulti che l'agente ha fatto tutto quanto possibile per osservare la legge, onde nessun rimprovero può essergli mosso").
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