La Sezione Lavoro della Corte di Cassazione (Sent. 7600/08) ha stabilito che non è legittimo il licenziamento intimato al lavoratore 'reo' di essersi assentato dal posto di lavoro senza chiedere il permesso e, tanto più, se prima di tale circostanza, lo stesso si era comportato bene.
Gli Ermellini più precisamente hanno evidenziato che "l'interruzione della regolarità o continuità del servizio o l'abbandono volontario dello stesso è sanzionabile con la sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da quattro a dieci giorni e che solo nel caso in cui il suddetto comportamento abbia comportato 'danni gravi' per l'azienda o per i terzi è possibile procedere al licenziamento con preavviso, mentre deve sussistere un 'forte pregiudizio' per l'ente o per i terzi, arrecato con comportamento doloso, perché sa giustificato il licenziamento senza preavviso'" e che nella valutazione della sanzione debbono essere presi in considerazione anche i buoni precedenti lavorativi del soggetto anch'essi suscettibili di valutazione e che ben possono essere presi in considerazione in un giudizio di bilanciamento.
La Corte ha quindi stabilito che "la nozione di 'giusta causa' trae la sua fonte direttamente dalla legge e 'l'elencazione delle ipotesi di giusta causa contenute nei contratti collettivi ha valenza esemplificativa e non già tassativa' che, se pure secondo la giurisprudenza di questa Corte è stato ritenuto che la previsione di un'ipotesi di giusta causa di licenziamento contenuta in un contratto collettivo non vincola il giudice, dalla stessa giurisprudenza è stato precisato che resta comunque salva l'ipotesi in cui il trattamento contrattuale sia più favorevole al lavoratore, sicché deve escludersi che il datore di lavoro possa irrogare un licenziamento per giusta causa secondo la nozione ex art. 2119 cod. civ. qualora questo costituisca una sanzione più grave di quella prevista dal contratto collettivo rispetto ad una determinata infrazione".
Secondo la Corte poi, "per quanto concerne più specificamente le modalità dell'accertamento della sussistenza, in concreto, della giusta causa, è stato inoltre rimarcato che esso deve essere compiuto dal giudice di merito determinando in primo luogo, con riferimento alla norma del contratto collettivo, l'astratta nozione tecnico-giuridica del motivo posto alla base del licenziamento e valutando, quindi, la proporzionalità della sanzione adottata rispetto alla gravità del fatto in concreto addebitato".
Gli Ermellini più precisamente hanno evidenziato che "l'interruzione della regolarità o continuità del servizio o l'abbandono volontario dello stesso è sanzionabile con la sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da quattro a dieci giorni e che solo nel caso in cui il suddetto comportamento abbia comportato 'danni gravi' per l'azienda o per i terzi è possibile procedere al licenziamento con preavviso, mentre deve sussistere un 'forte pregiudizio' per l'ente o per i terzi, arrecato con comportamento doloso, perché sa giustificato il licenziamento senza preavviso'" e che nella valutazione della sanzione debbono essere presi in considerazione anche i buoni precedenti lavorativi del soggetto anch'essi suscettibili di valutazione e che ben possono essere presi in considerazione in un giudizio di bilanciamento.
La Corte ha quindi stabilito che "la nozione di 'giusta causa' trae la sua fonte direttamente dalla legge e 'l'elencazione delle ipotesi di giusta causa contenute nei contratti collettivi ha valenza esemplificativa e non già tassativa' che, se pure secondo la giurisprudenza di questa Corte è stato ritenuto che la previsione di un'ipotesi di giusta causa di licenziamento contenuta in un contratto collettivo non vincola il giudice, dalla stessa giurisprudenza è stato precisato che resta comunque salva l'ipotesi in cui il trattamento contrattuale sia più favorevole al lavoratore, sicché deve escludersi che il datore di lavoro possa irrogare un licenziamento per giusta causa secondo la nozione ex art. 2119 cod. civ. qualora questo costituisca una sanzione più grave di quella prevista dal contratto collettivo rispetto ad una determinata infrazione".
Secondo la Corte poi, "per quanto concerne più specificamente le modalità dell'accertamento della sussistenza, in concreto, della giusta causa, è stato inoltre rimarcato che esso deve essere compiuto dal giudice di merito determinando in primo luogo, con riferimento alla norma del contratto collettivo, l'astratta nozione tecnico-giuridica del motivo posto alla base del licenziamento e valutando, quindi, la proporzionalità della sanzione adottata rispetto alla gravità del fatto in concreto addebitato".
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