Lo ha stabilito la Sezione Lavoro della Corte di Cassazione (Sentenza n.16141 del 15 novembre 2002) precisando che la sola ineseguibilità dell'attività svolta dal prestatore di lavoro non esclude la possibilità di adibire il lavoratore ad una diversa attività, riconducibile - alla stregua di un'interpretazione del contratto secondo buona fede - alle mansioni attualmente assegnate o a quelle equivalenti (art. 2103, cod. civ.), ovvero, se ciò sia impossibile, a mansioni inferiori, purché tale diversa attività sia utilizzabile nell'impresa, senza alterazione dell'assetto organizzativo della medesima.
Grava sul datore di lavoro, dunque, l'onere di dimostrare la sussistenza del giustificato motivo di recesso e di provare, quindi, le attività svolte all'interno dell'impresa e l'impossibilità di assegnarvi il lavoratore senza alterare l'organizzazione tecnica e produttiva.
Allo stesso tempo, chiarisce la Corte, il lavoratore che impugna il licenziamento giustificato con la sua inidoneità fisica, è tenuto a manifestare la propria volontà di essere assegnato ad attività diverse, allegando la propria idoneità fisica a svolgerle.