La Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione in una recente pronuncia (Sent. n. 12498) ha osservato che l'art. 18 comma 1, lett. s), della Legge 22 Aprile 2005, n. 69, in tema di mandato di arresto europeo, in base al quale "la consegna deve essere rifiutata se la persona richiesta è madre di prole di età inferiore a tre anni con lei convivente (…), ha forza espansiva e deve ritenersi estesa anche alla materia dell'estradizione". Al riguardo gli ermellini hanno precisato che "tale norma è espressione di un principio generale, informato alla esigenza primaria di tutela dell'interesse del bambino, affermato in vari testi sopranazionali, quali, tra l'altro, la Convenzione sui diritti dell'infanzia, approvata dalle Nazioni Unite il 20 Novembre 1999 (in particolare l'art. 9) e la Carta dei diritti fondatali dell'Unione Europea, adottata il 7 Dicembre 2000 (art. 24); e ha trovato riconoscimento esplicito anche nell'ambito della normativa interna, come può ad esempio ricavarsi dall'art. 28 del Testo Unico delle disposizioni sulla immigrazione di cui al d.lgs. 25 Luglio 1998, n. 286; nonché in pronunce della suprema Corte". Sulla scorta di tali premesse, i giudici della Cassazione hanno accolto il ricorso promosso da una donna che da poco aveva dato alla luce una bambina e che, in relazione alle esigenze di tutela della vita privata e familiare, aveva chiesto il riconoscimento della facoltà di espiare la pena in Italia, anziché in Polonia, Stato richiedente.
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