La Quinta Sezione Civile della Corte di Cassazione (Sent. 9919/2008) ha stabilito che anche se la società ha denunciato il furto dei documenti contabili, è possibile effettuare l'accertamento induttivo e che, al fine di evitare ciò, i contribuenti debbono ricostruire, presso i fornitori e i clienti, il reale giro d'affari.
In particolare i Giudici di Piazza Cavour hanno precisato che "in tema di accertamento delle imposte sui redditi e con riguardo alla determinazione del reddito d'impresa, l'onere della prova circa l'esistenza dei fatti che danno luogo ad oneri e costi deducibili, ivi compreso il requisito dell'inerenza, incombe al contribuente che invoca la deducibilità" e che "spettando al contribuente l'onere di provare la legittimità e la correttezza delle detrazioni, mediante l'esibizione dei relativi documenti contabili, quando costui non è in grado di dimostrare la fonte che giustifica la detrazione per avere denunciato un furto della contabilità, non spetta all'amministrazione di operare un esame incrociato dei dati contabili ma al contribuente di attivarsi, attraverso la ricostruzione del contenuto delle fatture emesse, con l'acquisizione - presso i fornitori - della copia delle medesime; né una denuncia di furto è di per se stessa sufficiente a dare prova dei fatti controversi, se priva della precisa indicazione riguardante le singole fatture e il loro contenuto".
Infine la Corte ha precisato che "in tema di accertamento dei fatti storici allegati dalle parti a sostegno delle rispettive pretese, i vizi motivazionali deducibili con il ricorso per cassazione non possono consistere nella circostanza che la determinazione o la valutazione delle prove siano state eseguite dal giudice in senso difforme da quello preteso dalla parte, perché a norma dell'art. 116 cpc rientra nel potere discrezionale - e come tale insindacabile - del giudice di merito apprezzare le prove, controllarne l'attendibilità e la concludenza e scegliere, tra le varie risultanze istruttorie, quelle ritenute idonee e rilevanti con l'unico limite di supportare idonee con adeguata e congrua motivazione l'esito del procedimento accertativo e valutativo seguito".
In particolare i Giudici di Piazza Cavour hanno precisato che "in tema di accertamento delle imposte sui redditi e con riguardo alla determinazione del reddito d'impresa, l'onere della prova circa l'esistenza dei fatti che danno luogo ad oneri e costi deducibili, ivi compreso il requisito dell'inerenza, incombe al contribuente che invoca la deducibilità" e che "spettando al contribuente l'onere di provare la legittimità e la correttezza delle detrazioni, mediante l'esibizione dei relativi documenti contabili, quando costui non è in grado di dimostrare la fonte che giustifica la detrazione per avere denunciato un furto della contabilità, non spetta all'amministrazione di operare un esame incrociato dei dati contabili ma al contribuente di attivarsi, attraverso la ricostruzione del contenuto delle fatture emesse, con l'acquisizione - presso i fornitori - della copia delle medesime; né una denuncia di furto è di per se stessa sufficiente a dare prova dei fatti controversi, se priva della precisa indicazione riguardante le singole fatture e il loro contenuto".
Infine la Corte ha precisato che "in tema di accertamento dei fatti storici allegati dalle parti a sostegno delle rispettive pretese, i vizi motivazionali deducibili con il ricorso per cassazione non possono consistere nella circostanza che la determinazione o la valutazione delle prove siano state eseguite dal giudice in senso difforme da quello preteso dalla parte, perché a norma dell'art. 116 cpc rientra nel potere discrezionale - e come tale insindacabile - del giudice di merito apprezzare le prove, controllarne l'attendibilità e la concludenza e scegliere, tra le varie risultanze istruttorie, quelle ritenute idonee e rilevanti con l'unico limite di supportare idonee con adeguata e congrua motivazione l'esito del procedimento accertativo e valutativo seguito".
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