La Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione (Sent. 17961/2008) ha stabilito che "la condotta diretta ad aggirare il meccanismo di tutela del mercato interno predisposto dalla Comunità Europea, mediante la imposizione di dazi differenziati per quantità di merce importata e il contingentamento delle importazioni tra i singoli operatori, integra la fattispecie della frode doganale attraverso la quale il singolo importatore si sottrae al pagamento del diritto di confine effettivamente dovuto, mentre a nulla rileva il fatto che nel caso cui la stessa merce fosse stata importata da una pluralità di aziende l'entrata fiscale dello Stato sarebbe stata di pari importo".
Nel caso di specie, gli Ermellini hanno poi precisato che "l'art. 292 del DPR 23.1.1973 n. 43, di cui a vari capi di imputazione ascritti agli imputati, al fine di non lasciare impunita alcuna forma di illecito, configura un'ipotesi residuale e sussidiaria di contrabbando cosiddetto a forma libera, in cui è precisato soltanto l'evento, costituito dalla sottrazione di merci al pagamento dei diritti di confine dovuti, mentre l'azione non è indicata in modo specifico, sicché ad integrare il reato è sufficiente qualsiasi condotta idonea a produrre l'evento sanzionato dalla norma" e che "è stato inoltre già reiteratamente affermato da questa Suprema Corte che l'interesse protetto dalla legge doganale deve essere esteso anche alla percezione dei 'diritti di confine' comunitari, cioè a quei dazi o prelievi previsti dalla legislazione della Comunità europea per merci provenienti dall'estero inteso come territorio extracomunitario".
La Corte ha poi evidenziato che "i trasferimenti meramente cartolari o fittizi delle partite di aglio importato da paese extracomunitari tra le società facenti capo agli imputati, finalizzata a sottrarre tali merci ai diritti di confine effettivamente dovuti dall'unico reale importatore, integra senza ombra di dubbio la fattispecie criminosa di cui alla corrispondete imputazione" e che "la finalità del dazio doganale, invero, non è meramente fiscale e, cioè, diretta ad assicurare allo Stato un entrata tributaria di un determinato ammontare, bensì soprattutto protezionistica, sia in ambito interno al singolo Stato che a livello comunitario. L'imposizione di diritti di confine, infatti, è precipuamente diretta alla tutela della produzione nazionale e del mercato interno alla Comunità, sicché detta finalità viene perseguita non solo mediante la imposizione di un dazio all'importazione fissato in misura percentuale, ma altresì mediante il contingentamento delle importazioni che superano una determinata aliquota mediante dazi progressivi o maggiorati per le quote eccedenti. Peraltro, l'imposizione doganale a livello comunitario è diretta anche ad impedire che si verifichino squilibri nel mercato di determinati prodotti mediante la formazione di posizioni dominanti, agevolata dall'importazione extracomunitaria, suscettibili di danneggiare i singoli produttori nazionali". .
Nel caso di specie, gli Ermellini hanno poi precisato che "l'art. 292 del DPR 23.1.1973 n. 43, di cui a vari capi di imputazione ascritti agli imputati, al fine di non lasciare impunita alcuna forma di illecito, configura un'ipotesi residuale e sussidiaria di contrabbando cosiddetto a forma libera, in cui è precisato soltanto l'evento, costituito dalla sottrazione di merci al pagamento dei diritti di confine dovuti, mentre l'azione non è indicata in modo specifico, sicché ad integrare il reato è sufficiente qualsiasi condotta idonea a produrre l'evento sanzionato dalla norma" e che "è stato inoltre già reiteratamente affermato da questa Suprema Corte che l'interesse protetto dalla legge doganale deve essere esteso anche alla percezione dei 'diritti di confine' comunitari, cioè a quei dazi o prelievi previsti dalla legislazione della Comunità europea per merci provenienti dall'estero inteso come territorio extracomunitario".
La Corte ha poi evidenziato che "i trasferimenti meramente cartolari o fittizi delle partite di aglio importato da paese extracomunitari tra le società facenti capo agli imputati, finalizzata a sottrarre tali merci ai diritti di confine effettivamente dovuti dall'unico reale importatore, integra senza ombra di dubbio la fattispecie criminosa di cui alla corrispondete imputazione" e che "la finalità del dazio doganale, invero, non è meramente fiscale e, cioè, diretta ad assicurare allo Stato un entrata tributaria di un determinato ammontare, bensì soprattutto protezionistica, sia in ambito interno al singolo Stato che a livello comunitario. L'imposizione di diritti di confine, infatti, è precipuamente diretta alla tutela della produzione nazionale e del mercato interno alla Comunità, sicché detta finalità viene perseguita non solo mediante la imposizione di un dazio all'importazione fissato in misura percentuale, ma altresì mediante il contingentamento delle importazioni che superano una determinata aliquota mediante dazi progressivi o maggiorati per le quote eccedenti. Peraltro, l'imposizione doganale a livello comunitario è diretta anche ad impedire che si verifichino squilibri nel mercato di determinati prodotti mediante la formazione di posizioni dominanti, agevolata dall'importazione extracomunitaria, suscettibili di danneggiare i singoli produttori nazionali". .
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