Nell'azione proposta dal datore di lavoro per la restituzione di contributi previdenziali non dovuti si deve applicare il principio nominalistico per cui l'obbligazione deve essere adempiuta mediante la restituzione della medesima quantità di moneta salvo il riconoscimento degli interessi legali e del maggior danno che il creditore provi di aver subito a seguito del ritardo. Lo ha stabilito la Sezione Lavoro della Corte di Cassazione (Sent. n. 14970/02), precisando che ai fini del riconoscimento del maggior danno da svalutazione monetaria il creditore "non può limitarsi ad allegare la propria qualità di imprenditore e a dedurre il fenomeno inflattivo come fatto notorio, essendo egli tenuto, in base al generale criterio dell'onere della prova (art. 2697 cod. civ.), a fornire indicazioni in ordine al danno da lui subito come effetto della indisponibilità del denaro determinata dall'inadempimento".
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