"Ai fini della sospensione dell'esecuzione (…), non deve aversi riguardo alla disponibilità, da parte dell'esecutato, di un reddito sufficiente ad accedere alla locazione di un alloggio avente caratteristiche analoghe a quelle dell'immobile oggetto di esecuzione, bastando che esso consenta comunque il fitto di un alloggio, anche a condizioni più disagiate (quanto all'ampiezza, alla, ubicazione meno favorevole in città ed alla stessa tipologia dell'immobile), purché adeguato alla situazione personale ed alle conseguenti esigenze abitative dell'interessato". E' questo il principio di diritto affermato in una recente sentenza della Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione (Sent. n.8961/2008), che, accogliendo il ricorso promosso da un proprietario di un immobile nei confronti di un inquilina sessantacinquenne, ha precisato che dall'art. 80 della L. 388/2000 non si rileva alcun elemento che consenta ragionevolmente una sua interpretazione nel senso voluto nel caso di specie dai giudici di merito, "e cioè che all'esecutata non possa imporsi alcuna soluzione alternativa abitativa che non sia equipollente (per dimensioni più ridotte dell'alloggio e la sua localizzazione in zona della città più periferica)".
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