Infliggere umiliazioni all'ex moglie costituisce una forma di maltrattamento in famiglia che va perseguita come se la coppia non si fosse mai separata. E' quanto sancisce la Corte di Cassazione (sentenza 26571/2008) ricordando che "il reato di maltrattamenti in famiglia (punito dall'art. 572 C.p.) e' configurabile anche in caso di separazione e di conseguente cessazione della convivenza". Secondo Piazza Cavour anche tra gli ex restano "integri i doveri di rispetto reciproco, di assistenza morale e materiale". Sulla base di questo è stata confermata una condanna nei confronti di un uomo che dopo la separazione aveva continuato a tormentare la sua ex. Secondo la Corte per infliggere una condanna per maltrattamenti in famiglia e' sufficiente che le lesioni e le umiliazioni siano tali da ledere "l'autodeterminazione della vittima" e non ha nessuna importanza che "gli atti lesivi si siano alternati con periodi di normalita'. L'intervallo di tempo - spiega la Corte - tra una serie e l'altra di episodi lesivi non fa venire meno l'esistenza dell'illecito". Inutilmente l'uomo, dopo la condanna dai giudici di merito si era rivolto alla Cassazione sostenendo che non essendo la coppia piu' convivente non poteva essere configurabile il reato di maltrattamenti in famiglia. La suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile e ha ricordato che "l'oggetto giuridico non e' costituito solo dall'interesse dello Stato alla salvaguardia della famiglia da comportamenti vessatori e violenti, ma anche dalla difesa dell'incolumita' fisica e psichica delle persone indicate nell'art. 572 C.p. interessate al rispetto della loro personalita' nello svolgimento in un rapporto fondato su vincoli familiari".
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