La Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione (Sent. 27936/2008) ha stabilito che commette il delitto di abuso d'ufficio il medico che indirizza i pazienti presso un'ambulatorio privato perchè nella struttura sanitaria pubblica non c'erano le apparecchiature necessarie. In particolare, gli Ermellini hanno precisato che "la condotta del medico specialista di una struttura pubblica, il quale per conseguire un vantaggio patrimoniale, in violazione del dovere di astensione di cui all'art. 6 del d.m. 31 marzo 1994, indirizzi un paziente verso il laboratorio di cui egli sia socio, per l'espletamento di un esame che si sarebbe potuto eseguire anche presso una struttura pubblica della stessa città, integra il delitto di abuso di ufficio".
Secondo gli Ermellini, è del tutto irrilevante "ai fini della sussistenza del delitto de quo, la circostanza che l'imputato fosse autorizzato ad esercitare attività professionale privata extramuraria in due ambulatori, uno dei quali sito nel territorio […], tenuto conto che tale 'licenza' non lo esimeva affatto dall'assicurare sempre l'interesse della Pubblica Amministrazione dalla quale dipendeva".
"La prospettata attenuazione dell'obbligo di 'fedeltà' e di 'non concorrenza' - ha aggiunto la Corte - non può essere infatti paradossalmente dilatata sino a comprendere l'intenzionale e provocato sviamento dei pazienti (in violazione dell'obbligo di astensione), i quali invece, in un auspicabile e nella specie non realizzato quadro di ricercata liceità, dovevano essere 'inviati' in uno dei vicini Presidi ospedalieri, dotati appunto dello strumento ritenuto dal Dr. […] funzionale per il completamento dell'intervento diagnostico - terapeutico di competenza".
Secondo gli Ermellini, è del tutto irrilevante "ai fini della sussistenza del delitto de quo, la circostanza che l'imputato fosse autorizzato ad esercitare attività professionale privata extramuraria in due ambulatori, uno dei quali sito nel territorio […], tenuto conto che tale 'licenza' non lo esimeva affatto dall'assicurare sempre l'interesse della Pubblica Amministrazione dalla quale dipendeva".
"La prospettata attenuazione dell'obbligo di 'fedeltà' e di 'non concorrenza' - ha aggiunto la Corte - non può essere infatti paradossalmente dilatata sino a comprendere l'intenzionale e provocato sviamento dei pazienti (in violazione dell'obbligo di astensione), i quali invece, in un auspicabile e nella specie non realizzato quadro di ricercata liceità, dovevano essere 'inviati' in uno dei vicini Presidi ospedalieri, dotati appunto dello strumento ritenuto dal Dr. […] funzionale per il completamento dell'intervento diagnostico - terapeutico di competenza".
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