In caso di evasione di imposte all'estero, il MAE (mandato arresto europeo) può essere emesso solo se in Italia tale evasione è prevista dall'Ordinamento come ipotesi di reato. Lo ha deciso la Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione con la Sentenza n. 28139 del 2008. In particolare, gli Ermellini hanno precisato che "dal MAE e dalla documentazione allegata si ricava una evasione delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto assimilabili a corrispondenti obblighi tributari previsti dall'ordinamento italiano (IEPEF, IVA). Stante il disposto dell'art. 5 del d. lsl. 10 marzo 2000 n. 74, in tema di omessa dichiarazione relativa alle imposte sui redditi e sul valore aggiunto, appare dunque rispettato il requisito della punibilità nel nostro ordinamento con la reclusione pari o superiore a tre anni, non rilevando che in passato, sotto il regime del d.l. n. 429 del 1982, conv. nella l. n. 516 del 1982, analoghe violazione fossero punite nell'ordinamento italiano a titolo di contravvenzione, non dovendo l'autorità giudiziaria italiana investita di un MAE occuparsi della applicazione di pene ma solo della compatibilità, nei limiti previsti della legge, delle previsioni penali contenute nell'ordinamento dello Stato membro con quelle interne".
"Invece - prosegue la Corte -, la contestazione dell'omesso pagamento dell'imposta comunale sull'attività di impresa non trova riscontro in una analoga fattispecie criminosa dell'ordinamento italiano. Anche ammettendo che tale imposta possa corrispondere alla imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) prevista dall'ordinamento tributario italiano, per le varie condotte relative al mancato pagamento di essa non sono contemplate ipotesi di reato ma solo violazioni amministrative".
La Corte ha poi aggiunto che "la previsione secondo cui al MAE deve essere allegata una 'relazione sui fatti addebitati alla persona della quale è domandata la consegna, con l'indicazione delle fonti di prova, del tempo e del luogo di commissione dei fatti stessi e della loro qualificazione giuridica' (art. 6 comma 4, lett. a, della legge n. 69 del 2005) non va intesa in senso formalistico, come sarebbe se si ritenesse imprescindibile l'allegazione al MAE di un atto così denominato, ma nel senso che nella documentazione trasmessa dall'autorità dello Stato emittente siano indicati gli elementi che tale norma richiede ai fini dell'accoglimento della richiesta di consegna, che ben possono essere contenuti in qualsiasi atto proveniente da tale autorità".
"Invece - prosegue la Corte -, la contestazione dell'omesso pagamento dell'imposta comunale sull'attività di impresa non trova riscontro in una analoga fattispecie criminosa dell'ordinamento italiano. Anche ammettendo che tale imposta possa corrispondere alla imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) prevista dall'ordinamento tributario italiano, per le varie condotte relative al mancato pagamento di essa non sono contemplate ipotesi di reato ma solo violazioni amministrative".
La Corte ha poi aggiunto che "la previsione secondo cui al MAE deve essere allegata una 'relazione sui fatti addebitati alla persona della quale è domandata la consegna, con l'indicazione delle fonti di prova, del tempo e del luogo di commissione dei fatti stessi e della loro qualificazione giuridica' (art. 6 comma 4, lett. a, della legge n. 69 del 2005) non va intesa in senso formalistico, come sarebbe se si ritenesse imprescindibile l'allegazione al MAE di un atto così denominato, ma nel senso che nella documentazione trasmessa dall'autorità dello Stato emittente siano indicati gli elementi che tale norma richiede ai fini dell'accoglimento della richiesta di consegna, che ben possono essere contenuti in qualsiasi atto proveniente da tale autorità".
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