La Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Sent. 7340/2008) ha stabilito che il premio fedeltà deve essere considerato come un costo per l'impresa e, pertanto, quale un costo è deducibile. La Corte ha infatti osservato che il premio fedeltà "risulta istituito contrattualmente per apportare un beneficio integrativo del trattamento di fine rapporto agli agenti che abbiano mantenuto il rapporto ininterrottamente per un certo periodo con la società" e che "il meccanismo opera dunque in funzione della costanza del rapporto di lavoro che rileva nell'ambito dell'economia aziendale (e dei ricavi conseguibili) tanto è vero che ove venga meno per circostanze anormali il beneficio viene recuperato alla disponibilità dell'azienda medesima".
Nel caso di specie, ha precisato la Corte che "in secondo luogo -una volta riconosciuta la deducibilità del costo- correttamente ne è stato effettuato l'accantonamento nel periodo di competenza in misura pari al premio erogato alla compagnia di assicurazione per garantire le indennità dovute all'agente alla cessazione del rapporto di lavoro in base a un diritto sorto immediatamente in suo capo in virtù di polizza".
Gli Ermellini hanno poi precisato che "in tema di contenzioso tributario, si ha domanda nuova, improponibile nel giudizio d'appello tanto nel vigore del CDP 636/72 in base al generale disposto dell'art. 345 cpc, quanto a sensi dell'art. 57, I° co. Dlgs 546/92 quando nell'atto di appello, viene introdotto, una 'causa petendi' diversa e fondata su situazioni giuridiche non prospettate in primo grado, sicché risulti inserito nel processo un nuovo tema d'indagine" e che "il mutamento della 'causa petendi' che determina mutamento della domanda, tale da renderla improponibile come domanda nuova in appello avviene - infatti - nei soli casi in cui siano alterati l'oggetto sostanziale dell'azione mediante prospettazioni di nuove circostanze o situazioni giuridiche mentre nel caso di causale proposta che -nella sua intrinseca essenza- sostiene la pretesa fiscale oggetto di contestazione non è ontologicamente estranea a quella fatta valere in primo grado".
Nel caso di specie, ha precisato la Corte che "in secondo luogo -una volta riconosciuta la deducibilità del costo- correttamente ne è stato effettuato l'accantonamento nel periodo di competenza in misura pari al premio erogato alla compagnia di assicurazione per garantire le indennità dovute all'agente alla cessazione del rapporto di lavoro in base a un diritto sorto immediatamente in suo capo in virtù di polizza".
Gli Ermellini hanno poi precisato che "in tema di contenzioso tributario, si ha domanda nuova, improponibile nel giudizio d'appello tanto nel vigore del CDP 636/72 in base al generale disposto dell'art. 345 cpc, quanto a sensi dell'art. 57, I° co. Dlgs 546/92 quando nell'atto di appello, viene introdotto, una 'causa petendi' diversa e fondata su situazioni giuridiche non prospettate in primo grado, sicché risulti inserito nel processo un nuovo tema d'indagine" e che "il mutamento della 'causa petendi' che determina mutamento della domanda, tale da renderla improponibile come domanda nuova in appello avviene - infatti - nei soli casi in cui siano alterati l'oggetto sostanziale dell'azione mediante prospettazioni di nuove circostanze o situazioni giuridiche mentre nel caso di causale proposta che -nella sua intrinseca essenza- sostiene la pretesa fiscale oggetto di contestazione non è ontologicamente estranea a quella fatta valere in primo grado".
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