Integra il reato di ingiuria l'espressione "non capisci un ca..." pronunciata dal datore di lavoro nei confronti dei propri dipendenti. Lo ha stabilito la Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione che, con la Sent. n. 31388/2008 ha stabilito che il datore di lavoro deve utilizzare nei confronti dei suoi dipendenti "una attenta continenza espressiva" e che, la effettiva potenzialità offensiva di un'espressione va "certamente apprezzata nel contesto spaziale, temporale e relazionale nella quale viene pronunciata".
Gli Ermellini hanno poi precisato che "a differenza di quanto avviene per, es., per quel che riguarda la diffamazione 'mediatica' (a mezzo stampa, radio, televisione, internet ecc.), nella quale la espressione, in quanto oggettivata, è, entro certi limiti, apprezzabile - per quel che attiene alla sua astratta portata diffamatoria - anche dal giudice di legittimità, nel caso di ingiuria, quel che deve essere accertato (e valutato) è in effetti il complessivo 'comportamento' dell'agente, comportamento che appunto si estrinseca in un contesto sociale storicamente definito, il quale è conoscibile solo dal giudice di merito".
Gli Ermellini hanno poi precisato che "a differenza di quanto avviene per, es., per quel che riguarda la diffamazione 'mediatica' (a mezzo stampa, radio, televisione, internet ecc.), nella quale la espressione, in quanto oggettivata, è, entro certi limiti, apprezzabile - per quel che attiene alla sua astratta portata diffamatoria - anche dal giudice di legittimità, nel caso di ingiuria, quel che deve essere accertato (e valutato) è in effetti il complessivo 'comportamento' dell'agente, comportamento che appunto si estrinseca in un contesto sociale storicamente definito, il quale è conoscibile solo dal giudice di merito".
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