Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (sentenza n.21927/2008) hanno stabilito che la Pubblica Amministrazione non può mettere bocca sulla liquidazione del fondo per le vittime dei reati di mafia. Il fondo, chiarisce la Corte, spetta di "diritto" ai familiari e le amministrazioni non hanno dunque voce in capitolo. E' stato così accolto il ricorso dei familiari di un uomo che era stato ucciso durante una tentata rapina nel suo esercizio commerciale. Al termine del processo penale, i familiari della vittima avevano ottenuto il via libera per accedere al fondo per le vittime di mafia ma il Comitato di solidarieta' per le vittime si era opposto alla liquidazione del risarcimento perchè la condanna penale era stata per tentata rapina ed omicidio che sono reati diversi da quelli indicati dalla legge 512 del '99. Il Consiglio di Stato aveva condiviso queste valutazioni ma contro il no all'accesso ai fondi i familiari della vittima si sono rivolti in Cassazione lamentando che "l'accertamento dei requisiti soggettivi e oggettivi per accedere ai benefici per le vittime dei reati di mafia non consente all'amministrazione alcun margine di discrezionalita'". Le sezioni unite accogliendo il ricorso hanno chiarito che i familiari delle vittime di reati di mafia sono "titolari di un vero e proprio diritto soggettivo essendo al riguardo la pubblica amministrazione priva di ogni potesta' discrezionale, sia con riguardo all'entita' della somma che con riguardo ai presupposti per la erogabilita', anche ove si dovesse ritenere che l'accertamento di tali presupposti abbia carattere non semplicemente ricognitivo, ma valutativo". Spetterà dunque al Tribunale il compito di liquidare il fondo di solidarieta' ai familiari.
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