La Sezione Lavoro della Corte di Cassazione (Sent. n. 23107/2008) ha stabilito che "l'asserita inesistenza di un obbligo dell'imprenditore di attribuire ai dipendenti, versanti nella medesima situazione di fatto, lo stesso trattamento economico e normativo, non esclude che il licenziamento ad nutum debba essere motivato in modo completo e coerente e che un'incoerenza possa essere ravvisata, con conseguente illegittimità del licenziamento, dal giudice di merito nell'essere stata inflitta sanzione conservativa ad altri dipendenti per il medesimo illecito disciplinare senza specifiche ragioni di diversificazione, ciò che ne esclude una gravità tale da giustificare la sanzione espulsiva".
La Corte ha infatti chiarito che "la discrezionalità del datore di lavoro nel graduare la sanzione disciplinare non equivalga ad arbitrio e che perciò egli debba illustrare in forma persuasiva le ragioni che lo inducono a ritenere grave il comportamento illecito del dipendente, tanto da giustificare la più grave delle sanzioni, si tratti di giustificato motivo di cui alla L. n. 604 del 1966, art. 1, oppure della giusta causa di cui all'art. 2119 c.c.".
La Corte ha infatti chiarito che "la discrezionalità del datore di lavoro nel graduare la sanzione disciplinare non equivalga ad arbitrio e che perciò egli debba illustrare in forma persuasiva le ragioni che lo inducono a ritenere grave il comportamento illecito del dipendente, tanto da giustificare la più grave delle sanzioni, si tratti di giustificato motivo di cui alla L. n. 604 del 1966, art. 1, oppure della giusta causa di cui all'art. 2119 c.c.".
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