I praticanti avvocati che non superano l'esame di stato entro i sei anni dall'iscrizione al registro, non possono essere cancellati d'ufficio dal registro stesso. Difatti, secondo la Corte, decorso tale periodo, i praticanti, perdono solo l'abilitazione al patrocinio e non possono esercitare l'attività. Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Sent. n. 17761/2008) hanno infatti precisato che "il R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, art. 8, prevede al suo comma 1, che i laureati in giurisprudenza che svolgano la pratica per la professione di avvocato 'siano iscritti, a domanda e previa certificazione dell'avvocato di cui frequentano lo studio, in un registro speciale tenuto dal consiglio dell'ordine degli avvocati presso il tribunale nel cui circondario hanno la residenza, e siano sottoposti al potere disciplinare del consiglio stesso'. E, come è agevole constatare, la norma non pone alcun limite temporale alla durata delle iscrizioni nel summenzionato registro".
"Un termine (sei anni) - prosegue la Corte - è invece previsto dal R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, art. 8, comma 2 secondo cui 'i praticanti avvocati, dopo un anno dalla iscrizione nel registro di cui al comma 1, sono ammessi, per un periodo non superiore a sei anni, ad esercitare il patrocinio davanti ai tribunali del distretto nel quale è compreso l'ordine circondariale che ha la tenuta del registro suddetto, limitatamente ai procedimenti che, in base alle norme vigenti anteriormente alla data di efficacia del decreto legislativo di attuazione della L. 16 luglio 1997, n. 254, rientravano nella competenza del pretore […]'".
La Corte ha quindi evidenziato che "dal disposto normativo emerge […], che all'interno dell'unico registro dei praticanti, cui è consentita l'iscrizione a tempo indeterminato, sussiste una specifica categoria costituita dai 'praticanti ammessi al patrocinio'; e mentre è indubbiamente vero che chi perde la qualifica di praticante perde autonomamente il patrocinio, non esistono argomenti per affermare il reciproco, cioè che la perdita del patrocinio (per decorrenza del sessennio) comporti la cancellazione anche dal registro dei praticanti". La Corte ha infine chiarito che "il laureato in giurisprudenza che abbia soddisfatto le condizioni per l'accesso all'esame di avvocato ben può avere interesse a proseguire nella pratica forense ed a svolgere tale pratica non in veste informale, bensì con una precisa qualifica ed in un rapporto di giuridica dipendenza da un professionista già abilitato".
"Un termine (sei anni) - prosegue la Corte - è invece previsto dal R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, art. 8, comma 2 secondo cui 'i praticanti avvocati, dopo un anno dalla iscrizione nel registro di cui al comma 1, sono ammessi, per un periodo non superiore a sei anni, ad esercitare il patrocinio davanti ai tribunali del distretto nel quale è compreso l'ordine circondariale che ha la tenuta del registro suddetto, limitatamente ai procedimenti che, in base alle norme vigenti anteriormente alla data di efficacia del decreto legislativo di attuazione della L. 16 luglio 1997, n. 254, rientravano nella competenza del pretore […]'".
La Corte ha quindi evidenziato che "dal disposto normativo emerge […], che all'interno dell'unico registro dei praticanti, cui è consentita l'iscrizione a tempo indeterminato, sussiste una specifica categoria costituita dai 'praticanti ammessi al patrocinio'; e mentre è indubbiamente vero che chi perde la qualifica di praticante perde autonomamente il patrocinio, non esistono argomenti per affermare il reciproco, cioè che la perdita del patrocinio (per decorrenza del sessennio) comporti la cancellazione anche dal registro dei praticanti". La Corte ha infine chiarito che "il laureato in giurisprudenza che abbia soddisfatto le condizioni per l'accesso all'esame di avvocato ben può avere interesse a proseguire nella pratica forense ed a svolgere tale pratica non in veste informale, bensì con una precisa qualifica ed in un rapporto di giuridica dipendenza da un professionista già abilitato".
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