La Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione (Sent. n. 42031/2008) ha stabilito che rischia una condanna penale per diffamazione il consigliere regionale o il parlamentare che denuncia pubblicamente gli intrecci fra le società e la politica. Gli Ermellini hanno infatti precisato che "in tema di immunità parlamentare (e, quindi, anche dei consiglieri regionali in virtù del comma 4 dell'art. 122 della Costituzione secondo cui essi non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti nell'esercizio delle loro funzioni), l'art. 3, comma 1, della l. n. 140/03 - che ha innovato la disciplina applicativa dell'art. 68 della Costituzione - ha esplicitato, ma non ampliato, il contenuto della tutela accordata al parlamentare, limitata alle opinioni espresse o agli atti compiuti, che presentino un chiaro nesso funzionale con il concreto esercizio delle funzioni parlamentari, pur se svolte in forme non tipiche o extra moenia, rimanendo fermo che la prerogativa dell'insindacabilità, non può mai trasformarsi in un privilegio personale, quale sarebbe una immunità della giurisdizione conseguente alla mera qualità di parlamentare, per cui solo il nesso funzionale consente di discernere le opinioni del parlamentare riconducibili alla libera manifestazione del pensiero, garantita ad ogni cittadino nei limiti generali della libertà di espressione, da quelle che riguardano l'esercizio della funzione parlamentare".
La Corte ha inoltre aggiunto che "affinché le dichiarazioni rese extra moenia da un parlamentare possano dirsi funzionalmente collegate con l'attività istituzionale del medesimo, esse devono poter essere identificate come espressione di esercizio dell'attività parlamentare, devono cioè presentare una sostanziale corrispondenza di significato, non essendo sufficienti né una mera comunanza di argomenti, né un mero contesto politico cui le prime possano riferirsi. La connessione funzionale implica pertanto la sovrapponibilità sostanziale della espressione incriminata agli atti tipici in cui si sostanzia l'attività del parlamentare […], svolta nelle sedi istituzionali attraverso gli strumenti precipuamente individuati dalla legge e dai regolamenti, con la conseguenza che devono ritenersi certamente insindacabili quelle espressioni extra moenia che consistano in una mera riproduzione all'esterno delle attività ritualmente svolte attraverso iniziative all'interno della sede istituzionale (Camera o Consiglio regionale) di appartenenza, pena la trasformazione della prerogativa in esame in una sostanziale immunità di carattere personale e soggettivo".
La Corte ha inoltre aggiunto che "affinché le dichiarazioni rese extra moenia da un parlamentare possano dirsi funzionalmente collegate con l'attività istituzionale del medesimo, esse devono poter essere identificate come espressione di esercizio dell'attività parlamentare, devono cioè presentare una sostanziale corrispondenza di significato, non essendo sufficienti né una mera comunanza di argomenti, né un mero contesto politico cui le prime possano riferirsi. La connessione funzionale implica pertanto la sovrapponibilità sostanziale della espressione incriminata agli atti tipici in cui si sostanzia l'attività del parlamentare […], svolta nelle sedi istituzionali attraverso gli strumenti precipuamente individuati dalla legge e dai regolamenti, con la conseguenza che devono ritenersi certamente insindacabili quelle espressioni extra moenia che consistano in una mera riproduzione all'esterno delle attività ritualmente svolte attraverso iniziative all'interno della sede istituzionale (Camera o Consiglio regionale) di appartenenza, pena la trasformazione della prerogativa in esame in una sostanziale immunità di carattere personale e soggettivo".
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