E' illegittimo il licenziamento del lavoratore che avendo subito un demansionamento abbia deciso di non andare più al lavoro. Nel nostro ordinamento giuridico il demansionamento è vietato dall'art. 2103 del codice civile. Tale norma stabilisce espressamente che il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto "o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte". Non c'è dubbio dunque: esiste un vero e proprio diritto soggettivo del lavoratore mantenere mansioni adatte alla propria qualifica. Se quindi si viene privati delle proprie mansioni ed assegnati ad incarichi inferiori ben si può decidere di non andare più a lavorare senza per questo incorrere nella sanzione del licenziamento. E' la Corte di Cassazione (Sentenza n. 29832/2008) a fare chiarezza sul punto. Gli Ermellini hanno infatti respinto il ricorso di una nota acciaieria contro l'annullamento del licenziamento inflitto ad un lavoratore del settimo livello a cui da anni era stato assegnato il compito di fare solo fotocopie. Spesso il lavoratore veniva lasciato senza lavoro e alla fine, stanco della situazione, aveva deciso alla fine di non andare più a lavorare. Ne era seguito il licenziamento ma sia i giudici di merito sia la Corte di Cassazione gli hanno dato ragione rilevando che la decisione di non andare più al lavoro non poteva considerarsi una giusta causa di licenziamento proprio perché motivata dal demansionamento. La Corte ha anche rilevato che il lavoratore aveva segnalato la situazione al datore di lavoro senza però ottenere nulla in merito.
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