Anche la Corte di Cassazione ha detto basta alla cultura discriminatoria che considera le donne come "oggetti" di propria appartenenza. Occupandosi di un fatto di sangue in cui un uomo è stato ucciso per essersi messo con la findanzata di un esponente della malavita di cui aveva così offeso il prestigio, la Cassazione ha dichiarato con fermezza che "le donne non sono una 'res' di propria appartenenza" e che le loro scelte, come quella di troncare una relazione, fanno parte della "liberta' di autodeterminazione". Secondo Piazza Cavour (sentenza n. 337 SSUU) "alla luce del comune sentire" deve considerarsi vile e spregevole un crimine, "commesso per mero spirito punitivo, dettato da intolleranza per la liberta' di autodeterminazione della donna con la quale si era instaurata una relazione amorosa, considerata invece come 'res' di propria appartenenza e di cui non si e' accettata l'autonomia delle scelte di vita". La Suprema ha così confermato le condanne inflitte ai quattro imputati che avevano partecipato all'omicidio riconoscendo tra le altre cose la sussistenza di un'aggravante perchè la causale dell'omicidio risiedeva non solo nella volontà di vendetta e di punizione ma anche nella finalità di riaffermazione del ruolo e del prestigio di quel'esponente dela criminalità organizzata locale la cui forza intimidatoria era stata messa in discussione.
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