La Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione (Sent. n. 626/2009) ha stabilito che non si applica una pena più severa per il contribuente che presentato una dichiarazione fraudolenta avendo emesso più fatture false in un unico periodo. Difatti, secondo la Corte, il numero delle fatture non è importante poiché il reato è unico e non c'è continuazione fra diverse fattispecie illecite. In particolare, gli Ermellini hanno precisato che "la diversità dei documenti utilizzati per aumentare i costi, allorché la dichiarazione sia unica e relativa allo stesso periodo d'imposta non giustifica l'affermazione di responsabilità per due reati diversi. Invero, l'articolo 8 del decreto legislativo n. 74 del 2000 che punisce colui il quale emette fatture per operazioni inesistenti, al secondo comma, dispone che l'emissione o il rilascio di fatture per operazioni inesistenti nel corso del medesimo periodo d'imposta si considera come un solo reato. A fortiori quindi dovrebbe considerarsi unico il reato allorché si utilizzino più fatture per aumentare i costi se la dichiarazione è unica ed è relativa alla stessa imposta ed allo stesso periodo d'imposta".
"L'articolo 2 del decreto legislativo n. 74 del 2000 - prosegue la Corte - consente un'unica incriminazione per il soggetto che pone in essere una dichiarazione fraudolenta, sia che si avvalga di un solo documento, sia che utilizzi una pluralità di fatture o altri documenti, a nulla rilevando che le fatture o gli altri documenti siano diversi ed abbiano diversi destinatari e ciò perché il reato non si perfeziona con la semplice registrazione del documento che sarà poi utilizzato ma con la dichiarazione, riferita a quella specifica intera annualità e con l'indicazione, nell'ambito della suddetta dichiarazione, di elementi passivi fittizi inseriti nella contabilità. Di conseguenza è irrilevante il numero delle fatture o degli atti documenti utilizzati per abbattere i costi perché la registrazione di tali documenti rappresenta solo un'attività prodromica alla realizzazione del reato che si consuma nel momento in cui si presenta una dichiarazione fraudolenta mediante l'uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e non nel momento in cui si registra in contabilità il singolo documento che poi sarà utilizzato per abbattere i costi" e che, infine "l'eventuale pluralità di reati non dipende dalla pluralità dei documenti utilizzati, ma dalla pluralità delle dichiarazioni relative a periodi d'imposta diversi. Se la dichiarazione è unica, unico è il reato commesso con quella dichiarazione anche se i documenti utilizzati sono diversi".
"L'articolo 2 del decreto legislativo n. 74 del 2000 - prosegue la Corte - consente un'unica incriminazione per il soggetto che pone in essere una dichiarazione fraudolenta, sia che si avvalga di un solo documento, sia che utilizzi una pluralità di fatture o altri documenti, a nulla rilevando che le fatture o gli altri documenti siano diversi ed abbiano diversi destinatari e ciò perché il reato non si perfeziona con la semplice registrazione del documento che sarà poi utilizzato ma con la dichiarazione, riferita a quella specifica intera annualità e con l'indicazione, nell'ambito della suddetta dichiarazione, di elementi passivi fittizi inseriti nella contabilità. Di conseguenza è irrilevante il numero delle fatture o degli atti documenti utilizzati per abbattere i costi perché la registrazione di tali documenti rappresenta solo un'attività prodromica alla realizzazione del reato che si consuma nel momento in cui si presenta una dichiarazione fraudolenta mediante l'uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e non nel momento in cui si registra in contabilità il singolo documento che poi sarà utilizzato per abbattere i costi" e che, infine "l'eventuale pluralità di reati non dipende dalla pluralità dei documenti utilizzati, ma dalla pluralità delle dichiarazioni relative a periodi d'imposta diversi. Se la dichiarazione è unica, unico è il reato commesso con quella dichiarazione anche se i documenti utilizzati sono diversi".
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