Il TAR Lazio, con la prefata sentenza, ha chiarito l'iter che deve essere seguito da parte del soggetto che intenda dare esecuzione alla sentenza emessa dal Giudice amministrativo (e passata in giudicato), ogni qual volta l'ordine ivi contenuto non sia stato adempiuto, in tutto o in parte, dalla P.A. tenuta. Come noto, in forza del disposto dell'art. 33, c. 5, L. n. 1034/1971, come integrato dall'art. 10 L. n. 205/2000, "per l'esecuzione delle sentenze non sospese dal Consiglio di Stato il tribunale amministrativo regionale esercita i poteri inerenti al giudizio di ottemperanza al giudicato di cui all'articolo 27, primo comma, numero 4), del testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato, approvato con regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054, e successive modificazioni". Nel caso di specie, i Giudici del TAR Lazio, investiti con apposito ricorso ai fini dell'ottemperanza di una sentenza emessa sempre dal medesimo Tribunale, nel dare applicazione al predetto disposto hanno richiamato un consolidato orientamento giurisprudenziale (ex multis, TAR Campania, Napoli, V, 07/06/2006, cit. sent.), in virtù del quale, oltre alla esecutività della sentenza ex art. 33 L. n. 1034/1071, ed alla inesistenza di un provvedimento di sospensione emesso dal Consiglio di Stato, si ritiene necessaria la previa notifica di formale diffida scritta alla P.A. inadempiente, ai sensi dell'art. 90, c. 2, R.D. n. 642/1907. Così come precisato in sentenza, infatti, "l'art. 10 l. 21 luglio 2000 n. 205, nell'aggiungere un comma all'art. 33 l. 6 dicembre 1971 n. 1034, ha esteso alle sentenze dei tribunali amministrativi gravate d'appello, delle quali non sia stata sospesa l'esecutività, il rimedio proprio dell'esecuzione delle sentenze passate in giudicato, senza derogare alla relativa disciplina, con conseguente applicazione alle prime delle stesse garanzie previste per il giudizio disciplinato nel t.u. 26 giugno 1924 n. 1054; pertanto, anche il giudizio per l'esecuzione delle sentenze non ancora passate in giudicato deve essere preceduto dalla notifica di un atto di diffida e messa in mora, con fissazione di un termine per provvedere, come statuito dall'art. 90 r.d. 17 agosto 1907 n. 642 " (in tali termini, T.A.R. Sardegna, Cagliari, 24 marzo 2003, n. 356, espressamente cit. in sentenza). Infatti, come precisato già da risalente giurisprudenza, l'adempimento di un siffatto onere costituisce "condizione di ammissibilità dello stesso ricorso ed assolve alla funzione di far constatare, nelle forme di legge, l'inosservanza della P.A. intimata all'obbligo giuridico di dare esecuzione al precetto giurisdizionale con la conseguente perdita dell'esercizio della competenza a provvedere in favore dell'organo straordinario subentrante" (così, TAR Campania, Napoli, III, 11/05/2006, n. 5085). In conseguenza, ove tale adempimento non sia stato posto in essere (come - appunto - nel caso in esame della sentenza in commento), il ricorso va dichiarato inammissibile (in termini, anche CdS, IV, 09/10/2002, n. 5352, cit. sent.). Sempre in tema, si ritiene utile segnalare come la giurisprudenza abbia anche fissato i requisiti formali e sostanziali della predetta costituzione in mora e diffida ad adempiere, precisando che essa debba essere inoltrata "a mezzo di atto notificato da ufficiale giudiziario che contenga la fissazione di un congruo termine per provvedere, come statuito dall'art. 90 R.D. 17 agosto 1907, n. 6422" (ancora, TAR Campania, Napoli, III, 11/05/2006, n. 5085, cit. antea). Inoltre, che la stessa debba contenere, quale "elemento essenziale… un invito ad adempiere in esecuzione del giudicato diretto all'autorità competente", non essendo, "pertanto, sufficiente che un qualsiasi atto di intimazione sia notificato a tale autorità, ma… che l'atto individui l'autorità che deve adempiere ed inviti tale autorità all'adempimento" (CdS, IV, 30/10/2003, n. 6814).
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