Intervenendo ancora una volta sul delicato tema del consenso informato, la Corte di Cassazione, (Sezioni Unite, sentenza n. 2437/2008) ha fissato i criteri entro i quali il consenso informato del paziente può ritenersi vincolante. La Corte sottolinea che nei casi in cui "il medico sottoponga il paziente ad un trattamento chirurgico diverso da quello in relazione al quale era stato prestato il consenso informato, e tale intervento, eseguito nel rispetto dei protocolli, si sia concluso con esito fausto, nel senso che dall'intervento stesso è derivato un apprezzabile miglioramento delle condizioni di salute, in riferimento, anche alle eventuali alternative ipotizzabili, e senza che vi fossero indicazioni contrarie da parte del paziente medesimo, tale condotta è priva di rilevanza penale". Sulla scorta di questo principio le sezioni unite di piazza Cavour hanno annullato senza rinvio "perché il fatto non sussiste" la decisione della Corte territoriale che in precedenza aveva dichiarato l'intervenuta prescrizione del reato di violenza privata contestato al medico in primo grado e che gli era costata una multa di seimila euro. La vicenda riguarda un intervento di laparoscopia operativa su una donna che determinò l'asportazione della tuba sinistra. "L'intervento demolitorio - scrive la Corte - risultò essere stato una scelta corretta ed obbligata, eseguita nel rispetto della 'lex artis' e con competenza superiore alla media". Nel processo, l'accusa aveva evidenziato che il consenso non poteva essersi validamente formato perché la donna era stata informata solo della laparoscopia. La Cassazione ha dato ragione al medico considerandolo non colpevole per il fatto che pur avendo sottoposto la paziente ad intervento diverso da quello stabilito il buon esito dell'intervento stesso non può che escludere la rilevanza penale del fatto.
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