La Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione (Sent. n. 469/2009) ha stabilito che in caso di lesioni gravissime al neonato, i genitori hanno diritto al danno morale iure proprio. I Giudici del Palazzaccio hanno infatti osservato che tale diritto deve essere riconosciuto "sia in considerazione del dictum delle citate SU civili n. 9556 del 2002, che hanno riconosciuto il diritto al risarcimento del danno ingiusto, direttamente ed immediatamente subito dai genitori del macroleso, in relazione alla gravità del fatto reato; sia in considerazione del recentissimo arresto delle SU civili, nella prima delle sentenze gemelle del 2008 (SU sentenza 11 novembre 2008 n. 26972) che si occupa di una fattispecie di responsabilità professionale per lesione della salute, con una vincolante (per questa sezione civile) puntualizzazione in ordine al nuovo dimensionamento del danno non patrimoniale […] in adesione alle sentenze innovative di queste stessa sezione (nn. 8827 e 8828 del 2003) sulla necessità di una lettura costituzionalmente orientata e dogmaticamente sistemata, dell'art. 2059 del codice civile".
La Corte ha quindi evidenziato che "ha dunque errato, violando la regula iuris del diritto al risarcimento del danno morale, iure proprio, che spetta ai genitori della vittima primari, la Corte […], che delibera nell'aprile 2004, contestando l'indirizzo evolutivo della Corte di legittimità, già convalidato dalla Corte Costituzionale, per attestarsi su una interpretazione restrittiva e incostituzionale, con una pronuncia incoerente e meritevole di annullamento".
Gli Ermellini hanno quindi concluso che la Corte di Milano è vincolata, in sede di rinvio, al rispetto del seguente principio di diritto "nella fattispecie di illecito sanitario (per responsabilità aquiliana o contrattuale, nel rispetto del principio del devolutum) da cui derivi una lesione gravissima alla salute del neonato, il danno morale richiesto iure proprio dai genitori deve essere comunque risarcito […] come danno non patrimoniale, nell'ampia accezione ricostruita dalle SU come principio informatore della materia […]. Il risarcimento deve avvenire secondo equità circostanziata (art. 2056 c.c.), tenendosi conto […] che anche per il danno non patrimoniale il risarcimento deve essere integrale, e tanto più elevato quanto maggiore è la lesione che determina la doverosità dell'assistenza familiare ed un sacrificio totale ed amorevole verso il macroleso".
La Corte ha quindi evidenziato che "ha dunque errato, violando la regula iuris del diritto al risarcimento del danno morale, iure proprio, che spetta ai genitori della vittima primari, la Corte […], che delibera nell'aprile 2004, contestando l'indirizzo evolutivo della Corte di legittimità, già convalidato dalla Corte Costituzionale, per attestarsi su una interpretazione restrittiva e incostituzionale, con una pronuncia incoerente e meritevole di annullamento".
Gli Ermellini hanno quindi concluso che la Corte di Milano è vincolata, in sede di rinvio, al rispetto del seguente principio di diritto "nella fattispecie di illecito sanitario (per responsabilità aquiliana o contrattuale, nel rispetto del principio del devolutum) da cui derivi una lesione gravissima alla salute del neonato, il danno morale richiesto iure proprio dai genitori deve essere comunque risarcito […] come danno non patrimoniale, nell'ampia accezione ricostruita dalle SU come principio informatore della materia […]. Il risarcimento deve avvenire secondo equità circostanziata (art. 2056 c.c.), tenendosi conto […] che anche per il danno non patrimoniale il risarcimento deve essere integrale, e tanto più elevato quanto maggiore è la lesione che determina la doverosità dell'assistenza familiare ed un sacrificio totale ed amorevole verso il macroleso".
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