La Sesta Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione con Sentenza n.9874 ha accolto il ricorso di un piccolo spacciatore, il cd. "pusher", che invocava una condanna meno aspra per il suo reato. Il ricorrente, nel primo motivo di impugnazione, invocava la nuova disciplina in materia di spaccio di stupefacenti che fa riferimento alla legge Giovanardi-Fini, (legge n.49 del 21 febbraio 2006) che elimina la differenziazione delle droghe "leggere" da quelle cd. "pesanti". Per effetto dell'entrata in vigore di questa legge, infatti, secondo quanto ha statuito la Suprema Corte, ne deriva l'inapplicabilità dell'art.81 del codice penale, che contempla l'ipotesi di concorso formale di reati e quindi il relativo inasprimento della pena per l'imputato. Annullando con rinvio la sentenza della Corte di Appello di Bari, che condannava lo spacciatore quattro anni di reclusione e a 14 mila euro di multa, la Corte ha affermato che "l'avvenuta assimilazione delle sostanze impone, dunque di ritenere che, nel caso anzidetto, il reato si unico, con la possibilità che il concreto trattamento sanzionatorio sia più favorevole rispetto al passato". Prima dell'entrata in vigore della legge "Giovanardi-Fini", chi deteneva contestualmente sostanze stupefacenti cd. "leggere" e "pesanti" rispondeva di due reati, che quindi venivano unificati dal vincolo della continuazione, istituto previsto dall'art.81 del codice penale, come si evince dai motivi che hanno portato alla decisione della sentenza. Ora invece la Cassazione precisa che, per effetto dell'abolizione della distinzione tabellare tra droghe "pesanti" e "leggere" e quindi la conseguente impossibilità di applicazione dell'istituto del concorso formale di reati, l'imputato, può ottenere "un trattamento sanzionatorio più favorevole" in quanto egli commette un solo reato.
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