Ancora una volta la Corte di Cassazione rivolge un monito a prestare particolare attenzione alle accuse di abuso rivolte dai bambini agli adulti. I giudici di piazza Cavour, (sentenza 8809/2009) spiegano che i piccoli "non mentono consapevolmente ma diventano altamente malleabili in presenza di suggestioni etero indotte e se interrogati con domande inducenti tendono a conformarsi alle aspettative del loro interlocutore". I giudici della Corte citando il caso di Rignano hanno invitato dunque i giudici a prestare attenzione nel valutare fatti che hanno come protagonisti minori "che narrano fatti dei quali non dovrebbero avere esperienza e che non possono essere il risultato di una loro fantasia". La Terza sezione penale della Corte, ha così accolto il ricorso di un padre separato che nei precedenti gradi di giudizio era stato condannato a tre anni di reclusione per una presunta violenza sessuale nei confronti della figlia di 7 anni. La Corte annota nella sentenza che il vissuto emotivo della bambina non aveva dato "segnali della violenza subita" né dimostrato "trauma da abuso". L'uomo ricorrendo in Cassazione aveva lamentato che i giudici di merito avevano "disatteso il monito circa il rischio che il minore non distingua il vissuto dall'immaginato e che adotti comportamenti che sono solo ripetitivi di un canovaccio gradito all'adulto (nella specie la madre) per assecondarlo e compiacerlo". Accogliendo il ricorso la Corte ha evidenziato che "la conclusione dei giudici non si sostanzia in un argomento logico inattaccabile ma lascia spazio a perplessità restando fermi dati incontrastati quali l'assenza di segni riconducibili ad un evento traumatico o il fatto che i racconti della bambina fossero espressivi di un disagio da essa elaborato, più, per i ripetuti litigi dei genitori e per l'abbandono del padre, che, non per gli abusi sessuali da lei descritti". Secondo gli Ermellini "e' come se il convincimento dei giudici fosse stato, alla fin fine, indotto dalla obiettività' dei racconti effettuati i termini e gesti tanto chiari ed eloquenti da indurre al convincimento che" la bambina "non potesse averli appresi in altro modo che di persona trascurando di analizzare il profilo della riferibilità di detto apprendimento". Pur evidenziando che "e' fuori di dubbio che difficilmente un minore puo' architettare da solo un racconto" di abusi, la Corte rileva che va pure tenuto conto che i "bambini piccoli non mentono consapevolmente" e che il loro "racconto deve essere contemperato con la consapevolezza che gli stessi possono essere dichiarati attendibili se lasciati liberi di raccontare, ma diventano altamente malleabili in presenza di suggestioni etero indotte e che se interrogati con domande inducenti tendono a conformarsi alle aspettative del loro interlocutore".
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