D'ora in avanti rischia una condanna per diffamazione chi raffigura esponenti politici con simboli volgari. Secondo la Cassazione infatti (sentenza 6740/2009) chi protesta contro l'operato delle autorità facendo ricorso ad una simbologia volgare non può essere giustificato dal diritto di critica giacché il simbolo volgare supera la soglia della continenza ed espone alla derisione. In questo modo la Quinta sezione penale della Corte ha confermato una condanna inflitta ad un barista reo di avere esposto nella vetrina del suo bar due cartelli manoscritti uno dei quali riproduceva un pene, sulla cui cima figuravano i nomi del sindaco della sua città e sotto i nomi del vicesindaco e del capogruppo nel consiglio comunale. Gli esponenti del governo locale si erano sentiti diffamati ed avevano per questo sporto querela. Ne era seguita una condanna per diffamazione contro la quale è risultato inutile il ricorso in Cassazione. Rivolgendosi ai Giudici di Piazza Cavour il commerciante aveva rivendicato il suo diritto di critica tentando di ricondurre l'episodio nell'ambito di una normale satira politica. La Corte però ha respinto il suo ricorso ricordando che sussiste "l'esimente del diritto di satira, rappresentazione che mira all'ironia sino al sarcasmo e all'irrisione di chi esercita un pubblico potere, esasperando la polemica intorno alle opinioni e ai comportamenti del soggetto preso di mira" a patto che non "prescinda dal canone della verita'" e che non si "sottragga al limite della continenza". Nella fattispecie però, spiega la Corte, il barista ha utilizzato una "volgare grafica simbolica" superando "la soglia della continenza, in quanto si rivelava irrispettosa dei valori dell'individuo ed esponeva i soggetti passivi al ludibrio della loro immagine".
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