Lo ha stabilito, con la sentenza n. 14014 del 17 giugno, la sezione tributaria civile della Corte di Cassazione
Con la sentenza n. 14014 del 17 giugno, la sezione tributaria civile della Corte di Cassazione ha stabilito che i documenti extracontabili, rivenuti presso terzi (nel caso di specie, presso la società venditrice) non sono idonei a fondare un avviso di rettifica Iva, se l'Agenzia delle Entrate non ha fatto un "controllo incrociato" fra contabilità dell'azienda e brogliacci. Secondo quanto si apprende dalla vicenda, una società contribuente aveva proposto ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale avverso un avviso di rettifica Iva, dopo una verifica presso la società venditrice. Le commissioni, sia in primo che in secondo grado avevano accolto il ricorso del contribuente, affermando che "l'ufficio non aveva approfondito le indagini sull'evasione dell'Iva con la verifica dei libri, documenti e scritture in possesso dal contribuente" quindi "il rinvenimento di appunti extracontabili presso terzi poteva avere rilevanza solo nell'ipotesi in cui, attraverso il controllo incrociato fosse emersa un'effettiva evasione; quei cerchietti colorati accanto alle liste di carico avrebbero potuto configurarsi come indizi ma da soli non provavano l'esistenza di rapporti economici fra i soggetti in questione in quanto privi dei caratteri propri delle presunzioni gravi, precise e concordanti". A seguito delle due pronunce, la Corte, rigettando il ricorso proposto dall'Agenzia delle Entrate, ha stabilito che "in materia di presunzioni, è riservato all'apprezzamento discrezionale del giudice di merito sia lo stesso ricorso a tale mezzo di prova, sia la valutazione della ricorrenza dei requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dalla legge per valorizzare elementi di fatto come fonti di presunzione: tale giudizio, tuttavia non può sottrarsi al controllo in sede di legittimità a sensi dell'art.360, comma 1, n.5, se la relativa motivazione non sia congrua. (…) Nel caso in esame, l'ufficio ha dedotto un vizio di motivazione, oltre che una violazione di legge, mentre, per quanto riguarda all'idoneità degli indizi posti a base dell'accertamento presuntivo attiene alla valutazione dei mezzi di prova e spetta esclusivamente al giudice di merito, salvo lo scrutinio riguardo alla congruità della motivazione". "Invece - concludono i giudici di legittimità - nella sentenza impugnata la C.T.R. ha fornito sia pure sinteticamente, una congrua e corretta motivazione in ordine alla mancata idoneità degli elementi indiziari risultanti dai documenti extracontabili rinvenuti presso la ditta venditrice a rappresentare presunzioni gravi precise e concordanti legittimanti la rettifica nel confronti della società contribuente".
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