La Sezione Tributaria Civile (Sent. n. 14125/2009) ha stabilito che l'ufficio IVA può rielaborare i dati raccolti dalla Guardia di Finanza nel processo verbale di constatazione e rettificare l'imposta, secondo i suoi parametri. Ciò rientra infatti "nella normale dinamica dell'attività di accertamento" e il divieto di rettifica in assenza dei nuovi elementi non c'entra nulla. In particolare, gli Ermellini hanno evidenziato che "sulla base delle norme in vigore, l'ufficio, in materia di IVA, ha molteplici e distinti poteri. Da una parte, ha il potere di rettificare le dichiarazioni presentate dal contribuente, di accertare e di richiedere una maggiore imposta. E' chiaro che solo in questi casi si può parlare di atti di rettifica o di accertamento emanati ai sensi degli articoli 54 e 55 d.p.r. n. 633/72. Il potere di che trattasi (di rettifica e di accertamento) è attribuito dalla legge perché venga esercitato in positivo, non perché venga esercitato in negativo (quando non ci sono i presupposti per la rettifica o per l'accertamento l'Amministrazione non ha bisogno di emettere atti)".
"Infine -prosegue la Corte-, ha un potere di integrare o modificare precedente avvisi di rettifica o di accertamento. La previsione contenuta nell'art'art. 57, comma 3, del d.p.r. n. 633/72 -secondo la quale le rettifiche e gli accertamenti possono essere integrati o modificati entro i termini di decadenza previsti dalla legge, mediante la notificazione di nuovi avvisi in base alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi- si ricollega evidentemente solo all'ipotesi nella quale vi sia stato un recupero di imposta, come è desumibile agevolmente dalla lettura del primo comma della norma in esame, che fa riferimento agli articolo 54 e 55. La disciplina dell'art. 57, comma 3, posta a garanzia del contribuente (…), nega all'Amministrazione il potere di emanare un nuovo avviso di rettifica, o di accertamento, se essa non è venuta a conoscenza di ‘nuovi elementi'. Solo nell'affermativa, l'Amministrazione ha il potere di ‘integrare' o di ‘modificare' (evidentemente in peggio per il contribuente) il precedente avviso".
Gli Ermellini hanno quindi concluso che proprio per la peculiarità della fattispecie, ‘a pena di nullità', nel secondo avviso, debbono essere indicati non solo i nuovi elementi, ma anche gli atti o i fatti attraverso i quali i nuovi elementi sono stati acquisiti a conoscenza.
"Infine -prosegue la Corte-, ha un potere di integrare o modificare precedente avvisi di rettifica o di accertamento. La previsione contenuta nell'art'art. 57, comma 3, del d.p.r. n. 633/72 -secondo la quale le rettifiche e gli accertamenti possono essere integrati o modificati entro i termini di decadenza previsti dalla legge, mediante la notificazione di nuovi avvisi in base alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi- si ricollega evidentemente solo all'ipotesi nella quale vi sia stato un recupero di imposta, come è desumibile agevolmente dalla lettura del primo comma della norma in esame, che fa riferimento agli articolo 54 e 55. La disciplina dell'art. 57, comma 3, posta a garanzia del contribuente (…), nega all'Amministrazione il potere di emanare un nuovo avviso di rettifica, o di accertamento, se essa non è venuta a conoscenza di ‘nuovi elementi'. Solo nell'affermativa, l'Amministrazione ha il potere di ‘integrare' o di ‘modificare' (evidentemente in peggio per il contribuente) il precedente avviso".
Gli Ermellini hanno quindi concluso che proprio per la peculiarità della fattispecie, ‘a pena di nullità', nel secondo avviso, debbono essere indicati non solo i nuovi elementi, ma anche gli atti o i fatti attraverso i quali i nuovi elementi sono stati acquisiti a conoscenza.
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