Disturbare la funzione religiosa manifestando fuori dalla chiesa è reato. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione spiegando che chiunque ostacola l'inizio o l'esercizio della funzione va punito a norma dell'art. 405 del codice penale. E la condanna scatta anche se il disturbo è provocato da proteste che avvengono fuori dalla chiesa. Secondo gli Ermellini infatti, il reato di turbamento della funzione religiosa si verifica ogni volta che si impedisce il regolare svolgimento della messa disturbando il prete e i fedeli nel loro raccoglimento. La vicenda presa in esame dalla Suprema Corte coinvolge un gruppo di lavoratori che stava manifestando in una piazza antistante la chiesa in cui si svolgevano i funerali di un lavoratore morto dopo essersi dato alle fiamme. Dalla vicenda scaturivano diverse condanne tra cui quella per turbamento della funzione religiosa a carico di chi stava manifestando fuori dalla chiesa. Ricorrendo in Cassazione i lavoratori hanno rappresentato che le loro proteste erano avvenute solo al termine della funzione religiosa e comunque non all'interno della chiesa ma nella piazza antistante. Nulla da fare però. La Cassazione con sentenza 28030/2009 ha ritenuto che in relazione al reato di cui all'articolo 405 del codice penale "la 'turbatio sacrorum' si verifica sia con "l'impedimento della funzione, consistente nell'ostacolare l'inizio o l'esercizio della stessa fino a detrminarne la cessazione", sia con la "turbativa della funzione che si verifica quando il suo svolgimento non avviene in modo regolare". In sostanza sono state convalidate le decisioni prese dai giudici di merito che, secondo gli Ermellini, hanno correttamente ravvisato la sussistenza del reato "nella turbativa causata dal comportamento degli imputati, che, aveva, nel corso della celebrazione della messa, coinvolto e disturbato molti fedeli dal loro raccoglimento, per le grida e le ingiurie indirizzate alle autorita' presenti in chiesa, tanto da costringere il celebrante a rivolgere appelli ai manifestanti al fine di calmare gli animi". La Corte ha anche ritenuto di non dare rilievo al fatto che il rito era oramai ultimato perché, si legge nella sentenza, alla "esposizione della salma deve ritenersi che la cerimonia funebre continui ad essere in atto".
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