La Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione (Sent. n. 28654/2009) ha stabilito che l'imprenditore risponde penalmente dell'emissione di fatture per operazioni inesistenti "per consentire a terzi l'evasione fiscale" ed è irrilevante "il fatto che il terzo raggiunga o meno detto risultato". Gli Ermellini hanno infatti evidenziato che "è stato reiteratamente affermato da questa Suprema Corte in materia di emissione di fatture per operazioni inesistenti che la fattispecie prevista dall'art. 8 del D.Lgs. 74/2000, e in precedenza dall'art. 4 lett. d) del D.L. 10 luglio 1982 n. 429, convertito con legge 7 agosto 1982 n. 516, si configura come reato di pericolo astratto, in quanto mira a tutelare l'interesse dello Stato a non vedere ostacolata la propria funzione di accertamento fiscale, sicché è stata anticipata dal legislatore nella configurazione della predetta fattispecie criminosa, la soglia dell'intervento punitivo rispetto al momento della dichiarazione. La configurabilità del reato, è, pertanto, svincolata dal conseguimento di una effettiva evasione, venendo puniti comportamenti propedeutici connotati da potenzialità lesiva del citato interesse erariale (…). Inoltre, è stato anche precisato da questa Suprema Corte che in tema di reati tributari la presenza di una ulteriore finalità dell'azione delittuosa, rispetto a quella di consentire a terzi l'evasione fiscale, non incide sulla compiuta integrazione della fattispecie di emissione di fatture per operazioni inesistenti (…). Sicché la sussistenza dell'elemento psicologico del reato deve essere esclusa solo qualora risulti che l'azione è stata posta in essere per fini esclusivamente extratributari.
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