Licenza di offendere in politica? Niente affatto. Dalla Cassazione arriva lo stop a offese e insulti che rischiano di portare al degrado. La Corte ora ha detto basta alla modalità di fare politica attraverso urla ed improperi. Secondo gli Ermellini 'liberalizzare' un linguaggio offensivo in favore di chi fa politica rischia di portare ad una 'concezione degradante della gestione dei pubblici poteri in cui i rappresentanti della democrazia rappresentativa potrebbero esprimere le proprie opinioni con strumenti vietati dalla legge, invocando un trattamento di favore, una inammissibile disuguaglianza davanti alla legge'. E sulla base di questo principio la quinta sezione penale della Corte (sentenza 31096/2009) ha confermato una condanna a 300 euro di multa, oltre al risarcimento dei danni, nei confronti di un politico che nel corso di una seduta aveva dato del 'cretino' a un suo avversario. Dopo la condanna dei giudici di merito il caso è finito in Cassazione dove l'imputato ha inutilmente sostenuto che il linguaggio utilizzato 'rientra ormai nel linguaggio polemico in uso dai partecipanti alla competizione politica'. La suporema Corte ha respinto il ricorso ruilevando che 'l'esercizio del diritto al dissenso in un'assemblea di democrazia rappresentativa non puo' essere considerato fatto ingiusto, legittimante nei soggetti politici contestati uno stato d'ira che possa attenuare la gravita' di una violazione di legge'. E questo perche' 'in campo politico lo stato d'ira equivale a stato di intolleranza ma perche' nella dialettica politica, ai livelli alti e meno alti, il fastidio creato dalla critica e dalla diversita' del contendente e' un prezzo che in democrazia va pagato per intero, senza sconti'.
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