Le Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione (Sent. n. 19400/2009) hanno stabilito che rischia una sanzione disciplinare, da parte dell'ordine, l'avvocato che chiede al cliente due parcelle, senza riuscire a giustificare le diverse attività svolte dal codifensore nel presentare un ricorso identico in un'altra sede giurisdizionale. Nel caso di specie, gli Ermellini hanno infatti evidenziato che "tale motivazione, che resiste alle critiche svolte con il primo motivo di ricorso - avendo il giudice del merito condivisibilmente stigmatizzato la scorrettezza della condotta della (…) sotto il profilo della deontologia professionale in punto di mancata comunicazione al cliente di tutti i necessari elementi in ordine all'attività svolta, onde quegli potesse serenamente escludere una duplicazione di compensi attesa la particolare relazione esistente con il co-difensore, la cui attività legittimamente appariva sostanzialmente uguale -, consente di escludere altresì con tranquillizzante certezza, qualsivoglia violazione del principio di corrispondenza dell'incolpazione della condotta in concreto ascritta dal legale (…)".
Con questa decisione la Corte ha confermato la sanzione della censura nei confronti di un avvocato che aveva depositato due ricorsi identici, uno davanti al Tar e uno al Capo dello Stato, duplicando la parcella e senza giustificare le ulteriori attività svolte dal codifensore (tra le altre cose, suo marito).
Con questa decisione la Corte ha confermato la sanzione della censura nei confronti di un avvocato che aveva depositato due ricorsi identici, uno davanti al Tar e uno al Capo dello Stato, duplicando la parcella e senza giustificare le ulteriori attività svolte dal codifensore (tra le altre cose, suo marito).
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