Via libera dalla Cassazione alle offese durante le arringhe degli avvocati. Lo stabilisce la Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione (Sent. n. 35880/2009) secondo cui le arringhe animate e a tratti offensive devono considerarsi lecire giacché servono al legale per sostenere una "strategia difensiva". La Corte ha osservato peraltro che "per il riconoscimento della c.d. ‘immunità giudiziale', prevista dall'art. 598 c.p., è necessaria l'esistenza di un nesso logico tra le offese e l'oggetto della causa, donde solo gli insulti del tutto estranei a detto oggetto vengono ad integrare i reati di ingiuria o di diffamazione. Ciò premesso, deve rilevarsi che il decidente ha argomentato come nella specie le frasi pronunciate dall'avvocato, nel corso dell'arringa difensiva - lungi dal rivelarsi gratuite - si ponevano in rapporto di strumentalità con la tesi della difesa e pertanto rientravano nell'ambito di applicazione della scriminante in esame. E' stato infatti osservato che le espressioni contestate - se pur offensive - facevano parte della strategia posta in essere dal difensore dell'imputata, la quale appariva tesa anche ‘a verificare ed a mettere in rilievo l'attendibilità della persona offesa'".
"Trattasi - prosegue la Corte -, di considerazioni ragione in base alle quali il giudice di merito ha accertato, con apprezzamento coerente e quindi non censurabile in sede di legittimità, un collegamento logico-causale tra le offese pronunciate dal difensore e l'oggetto del procedimento".
"Trattasi - prosegue la Corte -, di considerazioni ragione in base alle quali il giudice di merito ha accertato, con apprezzamento coerente e quindi non censurabile in sede di legittimità, un collegamento logico-causale tra le offese pronunciate dal difensore e l'oggetto del procedimento".
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