La Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione (Sent. n. 37583/2009) ha stabilito che all'interno di un gruppo societario le fatture irregolari e gonfiate che creano un vantaggio fiscale, sono anche reato tributario e non solo elusione. Nel caso di specie, la Corte ha osservato che "la Corte territoriale ha fornito ampia e puntuale motivazione in ordine alla incoerenza tra gli importi dei lavori riportati nelle tre fatture oggetto di imputazione, le modalità di pagamento ed i movimenti di denaro non ufficiali riconducibili ai pagamenti. Tali elementi di fatto sono stati dalla Corte territoriale ritenuti prova sufficiente per affermare che le tre fatture in contestazione erano almeno in parte non conformi all'effettività delle prestazioni effettuate dalle ditte emittenti. Del resto, si afferma da parte dei giudici di merito, la presenza di un ‘flusso di ritorno' e la mancata corrispondenza fra gli importi fatturati e quelli autorizzati dall'ente comunale per le opere in subappalto sono elementi di significato probatorio univoco (…). Ebbene, rileva questa Corte che la finalità dei reati tributari è stata individuata dai giudici di merito nella creazione di vantaggi fiscali in capo alle società riconducibili al (…) così come (…) nella possibilità di creare per tale mezzo ‘fondi neri' in capo ai soggetti che ricevevano i ritorni non ufficiali di parte dei pagamenti delle fatture incriminate. Tali finalità e tali interessi, corrispondenti al dolo proprio dei reati previsti dal decreto legislativo n. 74 del 2000, prescindono dai diversi rapporti contrattuali tra le società facenti capo al (…) e l'ente appaltante, così che la mancanza di prove circa condotte di frode nell'esecuzione dei lavori appaltati non impedisce affatto, sul piano logico, che nei rapporti interni fra appaltatore e subappaltatore possano avere luogo irregolarità fiscali per le finalità sopra ricordate".
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