La Sezione Lavoro della Corte di Cassazione (Sent. n. 25030/2009) ha stabilito che è illegittimo il contributo di solidarietà trattenuto dalla Cassa così come è illegittima qualunque imposizione di contributi che intacca direttamente il trattamento previdenziale. La Corte ha infatti ribadito che "una volta maturato il diritto alla pensione d'anzianità, l'ente previdenziale debitore non può con atto unilaterale, regolamentare o negoziale, ridurne l'importo, tanto meno adducendo generiche ragioni finanziarie, poiché ciò lederebbe l'affidamento del pensionato, tutelato dal capoverso dell'art. 3 Cost., nella consistenza economica del proprio diritto soggettivo (…)" e che "l'art. 3, co. 12, della legge n. 335 del 1995 permette agli enti previdenziali privatizzati - attraverso la variazione delle aliquote contributive, la riparametrazione dei coefficienti di rendimento e di ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico - di variare gli elementi costitutivi del rapporto obbligatorio che li lega agli assicurati, ma non permette agli stessi di sottrarsi in parte all'adempimento, riducendo l'ammontare delle prestazioni attraverso l'imposizione di contributi di solidarietà".
Sulla scorta di quanto sopra, la Corte ha affermato il seguente principio di diritto "gli enti previdenziali privatizzati (quale la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza a favore dei Dottori Commercialisti) non possono adottare - in funzione dell'obiettivo (…), di assicurare equilibrio di bilancio e stabilità delle rispettive gestioni - atti o provvedimenti che, lungi dall'incidere sui criteri di determinazione del trattamento pensionistico, impongano, comunque, una trattenuta sul detto trattamento, già determinato, in base ai criteri ad esso applicabili e, come tali, risultino peraltro incompatibili con il rispetto del principio del pro rata, essendo il principio stesso stabilito proprio ‘in relazione alle anzianità già maturate', che concorrono, appunto, alla determinazione di quel trattamento, ed oltrepassino altresì il limite della ragionevolezza, ledendo l'affidamento dell'assicurato in una consistenza della pensioni, proporzionale alla quantità dei contributi versati".
Sulla scorta di quanto sopra, la Corte ha affermato il seguente principio di diritto "gli enti previdenziali privatizzati (quale la Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza a favore dei Dottori Commercialisti) non possono adottare - in funzione dell'obiettivo (…), di assicurare equilibrio di bilancio e stabilità delle rispettive gestioni - atti o provvedimenti che, lungi dall'incidere sui criteri di determinazione del trattamento pensionistico, impongano, comunque, una trattenuta sul detto trattamento, già determinato, in base ai criteri ad esso applicabili e, come tali, risultino peraltro incompatibili con il rispetto del principio del pro rata, essendo il principio stesso stabilito proprio ‘in relazione alle anzianità già maturate', che concorrono, appunto, alla determinazione di quel trattamento, ed oltrepassino altresì il limite della ragionevolezza, ledendo l'affidamento dell'assicurato in una consistenza della pensioni, proporzionale alla quantità dei contributi versati".
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