Con la sentenza n.1605 del 2010 depositata il 14 gennaio, terza sezione penale ha stabilito che "ogni forma di attività imprenditoriale di vigilanza e custodia di beni per conto di terzi esige la licenza del prefetto, indipendentemente dalle modalità operative con le quali viene espletata". Secondo quanto si apprende dalla vicenda, con una sentenza emessa a seguito di giudizio abbreviato il Gip del Tribunale di Campobasso condannava il rappresentante legale di una società perché, in assenza di una prescritta licenza del prefetto, aveva svolto attività di vigilanza e di custodia di beni mobili e immobili in occasione della manifestazione fieristica mediante la cooperativa di cui era rappresentante legale. Condannato in primo grado, il rappresentante aveva proposto appello sostenendo che per l'attività svolta dalla società, e cioè la vigilanza non armata, non occorreva la licenza del Prefetto, come era stato confermato dalla testimonianza di una commercialista, che aveva assunto informazioni presso la Prefettura di Campobasso. Confermata in appello la sentenza di primo grado, la ricorrente, deducendo l'obbligatorietà della licenza del prefetto solo per le attività di vigilanza e custodia di proprietà mobiliari o immobiliari che siano accompagnate dall'esercizio di poteri di intervento diretto per la prevenzione e repressione dei reati, proponeva ricorso per cassazione. La Corte, ha rigettato il motivo di ricorso rifacendosi al "più recente e maggioritario orientamento interpretativo" (dell'art.134 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (n. 1274 del 1998, n.191 del 2000, n.14258 del 2006, n.42204 del 2002): tutte le forme di attività imprenditoriale di vigilanza e di custodia per conto di terzi necessitano della licenza del prefetto, al di là delle modalità operative con le quali vengono espletate.
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