Con la sentenza 1099 depositata il 22 gennaio 2010 la Prima sezione civile della Corte di Cassazione ha stabilito che, in caso di lesione del diritto alla ragionevole durata del giudizio, il danno non patrimoniale si presume sino a prova contraria. Per questo motivo non grava sul ricorrente l'onere di allegazione della prova sull'insussistenza del danno, ma sull'amministrazione ricorrente che, pertanto, è tenuta a dover fornire elementi idonei a far escludere la sussistenza di un tale danno in concreto. Secondo la ricostruzione della vicenda, il ricorrente si era visto rigettare la domanda di equo indennizzo proposta alla Corte d'Appello: i giudici di prima istanza, pur avendo riconosciuto l'irragionevole durata del processo, avevano rigettato la richiesta di equo indennizzo per il solo rilievo basato sulla mancanza della prova del danno (subita dallo stesso ricorrente) prodotta in giudizio. Accogliendo il ricorso del ricorrente, gli Ermellini hanno infatti stabilito che la circostanza che "non fossero stati specificati gli elementi costitutivi del danno non patrimoniale da ciascuno di essi lamentato, non poteva avere rilievo al fine di escludere l'indennizzabilità del pregiudizio". La Corte ha inoltre aggiunto che "ininfluente, a tal fine, è il fatto che la causa avesse avuto esito negativo e che tale esito fosse in qualche modo prevedibile, giacché l'esito favorevole della lite non condiziona il diritto alla ragionevole durata del processo, ne' incide di per sé sulla pretesa indennitaria della parte che abbia dovuto sopportare l'eccessiva durata della causa, salvo che essa si sia resa responsabile (…) di lite temeraria o, comunque di un vero e proprio abuso del processo".
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