Il regime di comunione legale, osserva infatti la Corte, "assunto come normale dalla legge (in mancanza di diversa convenzione) sarebbe, in realtà, modificabile ad nutum, secondo l'opzione estemporanea di ciascuno dei coniugi in relazione all'acquisto di singoli beni. Ciò sarebbe in contrasto con la funzione pubblicistica dell'istituto". I Giudici di Piazza Cavour evidenziano come "la qualità di bene personale e la conseguente esclusione della comunione, nel caso previsto dall'articolo 179, comma 1, lettera f) c.c., non conseguono per il semplice fatto che il bene sia stato acquistato con denaro proprio di uno dei coniugi; essendo invece necessario, affinché tale esclusione si verifichi, che l'acquisto sia stato effettuato con denaro proveniente dalla vendita di beni personali (Cassazione 9355/97) o mediante la permuta con altri beni personali (Cassazione 1556/93).
Pertanto, si legge nella sentenza, "la partecipazione alla stipula e l'eventuale dichiarazione di assenso del coniuge formalmente non acquirente non hanno efficacia negoziale, dispositiva (sotto forma di rinunzia) del diritto alla comunione incidentale sul bene acquisendo [...] bensì hanno carattere ricognitivo degli effetti della dichiarazione, resa dall'altro coniuge, circa il carattere personale del bene. Se tale carattere personale manca, l'incidenza del bene nella comunione legale non è evitata per effetto della rinunzia da parte di uno dei coniugi.