La prima sezione civile della Corte di Cassazione ha stabilito che "chi è affetto da disturbi mentali ha la facoltà di ottenere l'amministrazione di sostegno al posto della più pesante misura dell'interdizione, nel rispetto dei principi introdotti dalla l. n. 6/04 diretta a limitare il meno possibile la capacità di agire, attraverso l'assunzione di provvedimenti di sostegno temporaneo o permanente". Secondo la Corte (sentenza 4866/2010) per applicare la misura dell'amministrazinoe di sostegno non è necessario che il beneficiario abbia chiesto, o accettato, il sostegno ed abbia indicato la persona da nominare. Non si tratta infatti di una condizione necessaria per l'applicazione della procedura di cui all'art. 404 del codice civile. Con questa decisione la suprema Corte ha ribaltato una precedente decisione della corte d'appello ed ha specificato che "nel testo introdotto dalla L. n. 6 del 2004, art. 3, comma 1, il ricorso per l'amministrazione di sostegno può essere proposto, oltre che dallo stesso beneficiario, anche da uno dei soggetti indicati dall'art. 417 c.c., e dai responsabili dei servizi sociali e sanitari direttamente impegnati nella cura e nell'assistenza della persona, qualora a conoscenza di fatti tali da rendere opportuna l'apertura del relativo procedimento. Neppure rileva, ai fini dell'esclusione dell'applicazione della misura, il fatto che il beneficiario non abbia indicato la persona da nominare, atteso che, secondo il disposto dell'art. 408 c.c., in mancanza di tale indicazione, ovvero in presenza di gravi motivi, l'amministratore di sostegno può essere comunque nominato dal giudice tutelare".
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