Con la sentenza n. 10248, depositata il 15 marzo 2010, la Corte di Cassazione ha stabilito che configura il reato di ingiuria il termine gay se si riferisce a fatti "disdicevoli" e con evidente intento "denigratorio"
Con la sentenza n. 10248, depositata il 15 marzo 2010, la Corte di Cassazione ha stabilito che configura il reato di ingiuria il termine gay se si riferisce a fatti "disdicevoli" e con evidente intento "denigratorio", come ha spiegato la prima sezione Penale del Palazzaccio. Su ricorso proposto da un uomo che aveva dato del "gay" ad suo conoscente, la Corte, nel rigettare il ricorso e anche l'eccezione della "provocazione" visti di difficili rapporti intercorrenti tra i due soggetti, ha ribadito che il termine è ingiurioso quando viene "riferito a precisi fatti ritenuti disdicevoli, focalizzati come tali con inequivoco intento denigratorio e che esprimono riprovazione per le tendenze omosessuali del soggetto a cui si rivolge l'offesa".
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