Una morte lenta è quanto di più terribile un essere umano si possa aspettare. Ed anche questo tipo di sofferenza deve essere adeguatamente risarcita. E' la terza sezione civile della Corte di Cassazione (sentenza 8360/2010) ad aver fatto luce su come i giudici debbono regolarsi nel riconoscere il danno in favore dei prossimi congiunti di chi ha perso la vita rimanendo "lucido durante l'agonia in consapevole attesa della fine'. Il caso riguarda un agricoltore morto a seguito di una scarica elettrica, mentre lavorava su un albero di noce. I giudici della Corte di Appello di Salerno avevano negato ai familiari il risarcimento del danno biologico perchè, dicevano, la morte era stata 'pressoche' immediata'. Il caso finiva in Cassazione dove i familiari evidenziavano la lunga sofferenza patita dal loro caro prima della morte. Accogliendo il ricorso Piazza Cavour ha chiarito che nel calcolare il risarcimento del danno da morte 'si deve tenere conto anche della sofferenza psichica subita dalla vittima di lesioni fisiche alle quali sia seguita dopo breve tempo la morte, che sia rimasta lucida durante l'agonia, in consapevole attesa della fine'. Nella parte motiva della sentenza la Corte spiega che 'il giudice deve personalizzare la liquidazione dell'unica somma dovuta in risarcimento dei danni morali tenendo conto anche del cosiddetto danno tanatologico dove i danneggiati ne facciano specifica richiesta'. Ai familiari dunque è stato riconosciuto un risarcimento di 90.000 euro per il danno dovuto alla lenta agonia addossando la responsabilità al proprietario del terreno in cui l'agricoltore stava lavorando e all'Enel responsabile dell'area in cui passava la linea elettrica.
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