Il pusher che finisce sotto processo può ottenere uno sconto di pena anche nel caso in cui il suo cliente si adeceduto proprio a causa della droga che gli aveva fornito. E' quanto afferma la sesta sezione penale della Corte di Cassazione (sentenza n. 10022/2010) che ha acolto il ricorso di due spacciatori in precedenza condannati dal Gup del Tribunale di Civitavecchia senza la concessione delle attenuanti generiche. Nella parte motiva della sentenza la Suprema Corte chiarisce che "in tema di attivita' illecite concernenti gli stupefacenti, l'evento morte dell'acquirente, in conseguenza dell'assunzione di droga ceduta, non costituisce, di per se', elemento ostativo all'applicazione della circostanza attenuante della lieve entita' del fatto". Il caso è stato ora rinviato alla Corte d'appello di Roma per la decisione in ordine alla sola applicazione delle attenuanti. Altre informazioni su questa sentenza La Corte ha rilevato che "la corretta nozione del concetto di globalita' dell'accertamento, ai fini della concessione della attenuante, non puo' paradigmaticamente ricomprendere il verificarsi di tale evento, conseguito ad assunzione di sostanza stupefacente, ed addebitabile all'agente a titolo di colpa, consistita nella violazione della legge sugli stupefacenti e nella conseguente prevedibilita' dell'evento letale". Annotano inolte i supremi giudici che "la nozione di mezzi, modalita' e circostanze dell'azione va ricollegata all'ambito proprio delle attivita' illecite concernenti gli stupefacenti". E questo a prescindere dal fatto che si tratti di "spaccio episodico o sistematico, esistenza o no di un'organizzazione sia pure rudimentale". Da qui la dispisizione di un nuovo esame perche' "con liberta' di giudizio, ma nel rispetto del criterio valutativo indicato si proceda ad un nuovo esame che dia conto della negazione della negazione della invocata attenuante per ragioni diverse da quelle attinenti alla vicenda" punita dall'articolo 586 c.p. che sanziona la morte o lesioni come conseguenza di altro delitto.
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