Giro di vite della Cassazione contro il dilagare di espressioni volgari. Anche espressioni piuttosto difuse come "vai a c." debbono considerarsi lesive della dignita' e possono comportare dunque una condanna per ingiuria. La suprema Corte osserva che "la pretesa desensibilizzazione della coscienza sociale di fronte alle asperita' della volgarita' dominante non vale a scriminare lesioni cosi' vistose del bene giuridico protetto dall'art. 594 c.p." che punisce appunto l'ingiuria. Secondo gli Ermellini (Quinta sezione penale - sentenza 15350/2010) "la riaffermazione del senso definitorio della parola costituisce un'esigenza etica irrinunciabile". In questo modo è stata convalidata una condanna per ingiuria nei confronti di un un 70enne che aveva detto ad un collega "vai a c...". Condannato dal giudice di pace l'uomo si è rivolto alla suprema Corte spiegando che la sua era stata soltanto una espressione di "volgare insofferenza" nei confronti del suo collega che aveva risposto in modo vago ad una richiesta relativa a una delicata questione lavorativa.
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