Anche se non ha partecipato direttamente all'operazione, chi ha messo a disposizione le cosiddette carrette del mare" è responsabile nel caso in cui si verifichino esiti drammatici. Lo ha stabilito la prima sezione penale della Corte di Cassazione confermando la condanna a 30 anni di reclusione un armatore pakistano considerato l'organizzatore del viaggio di migranti che naufragò la notte di Natale del 1996 nel Canale di Sicilia. Nell'incidente persero la vita 283 clandestini. Secondo la Corte il fatto che l'armatore "non fosse presente al momento del duplice impatto non vale ad escludere la responsabilita' in quanto la distanza frapposta alla parte finale dell'azione non esclude il concorso gia' efficacemente realizzato in favore dell'evento". In particolare l'imputato, spiega la Corte (sentenza 16193/2010), "era ben in grado di rappresentarsi l'esito drammatico di quel trasbordo e lo aveva organizzato accettando il rischio dell'evento". Il fatto che si sia rifiutato di "partecipare all'azione", scrive la Corte "non era sufficiente ad integrare la desistenza, visto che aveva comunque contribuito all'azione fornendo il battello e coordinando da terra le operazioni senza dare il minimo segno di dissociazione dalla volonta' dei correi".
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