La Corte di Cassazione si è occupata del caso di un padre Torinese che in collera per il fatto che sua figlia avesse degli atteggiamenti sessualmente troppo disinvolti l'aveva sottoposta ad un "rudimentale" test della verginità. Per umiliare sua figlia e verificare se avesse perso la verginità l'aveva denudata e aveva fugacemente introdotto le dita della mano nella vagina. Denunciato dalla figlia l'uomo veniva assolto in primo grado mentre in appello veniva condannato alla una pena di 8 mesi di reclusione per il solo reato di violenza privata. E' ora intervenuta la suprema Corte (sentenza 17542) che ha bacchettato i giudici di merito ed ha accolto il ricorso della Procura diretto a far configurare l'atto come una vera e propria violenza sessuale. Secondo la Procura 'l'esplorazione vaginale su donna non collaborativa non solo non puo' produrre alcun risultato certo" ma non esclude che "l'uomo, sebbene fortemente contrariato dalla presunta disdicevole condotta della figlia, avesse agito su impulso sessuale'. La terza sezione penale della Corte accogliendo il ricorso della Procura ha chiarito che 'la configurabilita' del reato sessuale e' stata esclusa dando decisivo rilievo al contesto in cui l'atto sessuale e' stato compiuto dal quale si desumerebbe che lo stesso fosse diretto e volto a umiliare la figlia per la sua leggerezza nei costumi ma cio' non esclude la valenza prevaricatoria del gesto sessuale potendo l'intento punitivo essere conseguito con modalita' meno invasive della liberta' di determinazione del soggetto passivo'. La sentenza è stata dunque annullata e si dovrà ora procedere a un nuovo esame del caso.
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