La sezione lavoro della Corte di Cassazione (sentenza n. 13672/2010) ha chiarito che al fine del riconoscimento del danno tanatologico agli eredi di una vittima di un infortunio sul lavoro è sufficiente che "tra il manifestarsi dell'evento lesivo e il decesso dell'infortunato siano trascorsi solo pochi istanti". Ciò che conta, spiegano i Giudici di Piazza Cavour "è che la vittima si sia potuta rendere conto della tragicità dell'evento e ne abbia perciò subito una sofferenza psicologica". Nel procedimento esaminato dalla Corte, la prova del fatto che la vittima fosse lucida e in grado di comprendere cosa gli stesse accadendo è stata dedotta dal fatto che l'infortunato, al momento del fatto, aveva chiesto aiuto. Nella parte motiva della sentenza la Corte spiega che "nel quadro sistematico del danno non patrimoniale complessivo recentemente precisato dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass 26972/2008) deve essere riconosciuto (ove, in sostanza, allegato e provato) il danno morale, a ristoro della sofferenza psichica provata dalla vittima di lesioni fisiche, alle quali sia seguita dopo breve lasso di tempo la morte, che sia rimasta lucida durante l'agonia in consapevole attesa della fine".
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