Ci sono casi in cui è lecito dare del bugiardo. Ma solo se strettamente necesario. E' quanto ha stabilito la Corte di Cassazione dando il via libera a tale epiteto a patto che vi si ricorra, appunto, in caso di stretta necessità e per far sapere "la propria opinione sulla verità". Il caso esaminato dal Palazzaccio (sentenza n.20753/2010) riguarda la richiesta di risarcimento danni avanzato da una donna che, nel corso di un giudizio di separazione in cui si doveva stabilire in ordine all'affidamento dei minori, si era sentita offessa per essere stata definita 'bugiarda' . La donna sosteneva di essere stata ingiuriata da una consulente che assistema la controparte, la quale, sentendo dire che la donna da lei difesa era inadatta all'affidamento dei figli, di tutta risposta le aveva dato della 'bugiarda' davanti ai giudici. Il caso finiva nelle aule di giustizia ma la consulente veniva assolta perchè, scrivevano i giudici di merito, non aveva fatto altro che "agire nell'esercizio dell'adempimento del dovere nella funzione di consulente di parte". Ora la suprema Corte ha confermato la decisione.
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