Non c'è giustificazione alcuna che possa legittimare metodi violenti per costringere un tossicodipendente a disintossicarsi. E' quanto afferma la Corte di Cassazione occupandosi del caso di una ragazza che fu prelevata a forza dalla sua abitazione trasportata in una casa appositamente attrezzata per sottrarla alla dipendenza dalla cocaina. La ragazza era stata anche narcotizzata e ristretta con corde e manette. Già la Corte di appello di Bologna aveva ravvisato nella fattispecie un'ipotesi di sequestro di persona. L'autore del sequestro era stato un familiare convinto che quella fosse l'unica modalità per salvare la ragazza dalla droga. Ricorrendo in Cassazione l'imputato ha invocato l'esimente dello stato di necessità affermando anche di avere agito su consiglio di un medico. Nulla da fare. I Giudici della quinta sezione penale (sentenza n.26159/2010) hanno resprinto il ricorso osservando che "la convinzione" che la ragazza "sarebbe ricaduta nel vizio, anche se fondata da un dato di esperienza, non puo' dirsi fondata su dati certi ne' tale poteva essere ritenuta dal ricorrente, senza piu' concreto e concludente riscontro obiettivo che non e' desumibile dalla motivazione della pronuncia". Altre informazioni su questa sentenza Inoltre secondo la Corte non può considerarsi "sussidio probatorio" la "dimostrazione di un consiglio medico di portare la ragazza lontano dall'ambiente di genesi del comportamento, non essendovi prova che la modalita' di questa dislocazione dovesse essere violenta e in contrasto alla volonta' della predetta". Per la Cassazione, "l'avvio dell'azione di sequestro" della tossicodipendente "fu indubitabilmente violento, avendo escluso la fisica limitazione motoria alla ragazza per un periodo di tempo apprezzabile". Inoltre, la Corte, a dimostrazione della legittimita' della condanna del familiare, fa notare che che la ragazza "per quanto avesse assecondato i disegni del suo rapitore, fece di tutto, sullo scorcio della vicenda, per liberarsi della detenzione, scrivendo biglietti alla madre ed invocando la liberazione". La giovane in Cassazione si e' costituita parte civile per chiedere i danni subiti in seguito al sequestro.
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