La Cassazione penale, sentenza n.30463 del 30 luglio 2010, condannato un ragazzo che, non rassegnandosi alla fine del suo rapporto sentimentale, aveva tenuto condotte intimidatorie e persecutorie nei confronti della sua ex, costringendola a salire in auto e a rimanervi per un considerevole periodo di tempo, ferendola e non solo. Tra i numerosi reati ascritti al giovane c'è anche quello di tentata estorsione . Il ragazzo aveva minacciato non solo la ex ma anche i suoi genitori per farsi restituire i regali fatti nel corso del loro fidanzamento ma anche tutti i soldi spesi durante il rapporto, calcolati in modo rigoroso. La Suprema Corte ha ritenuto che il comportamento del ragazzo integri gli estremi del reato di tentata estorsione. Secondo i giudici di legittimità hanno ritenuto che solo se la pretesa fosse stata reale dunque "azionabile" dinnanzi al Giudice il reato contestato sarebbe stato quello, meno grave, dell'esercizio arbitrario della proprie ragioni con violenza sulle persone di cui all'art. 293 cp. La Suprema Corte ha perciò ritenuto che il fidanzato "che dopo la rottura sentimentale con la propria ragazza, faccia ricorso a condotte violente ed intimidatorie per far valere nei confronti della stessa e dei suoi familiari la richiesta - non assistita da alcuna forma di tutela giuridica nel nostro ordinamento - di restituzione di oggetti e somme di denaro elargiti per mero spirito di liberalità come manifestazione del proprio affetto". Sulla base di queste argomentazioni la Suprema Corte ha perciò rigettato il ricorso presentato del giovane.
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